Pyongyang – Roma - Seul: lo strano triangolo al centro delle cronache internazionali ha come protagonista il principale diplomatico della Corea del Nord nel nostro Paese e l’agenzia di spionaggio National Intelligence Service (Nis) della Corea del Sud, la nazione in cui vivono circa 30 mila disertori provenienti dal nord della penisola. Da un paio di mesi il diplomatico nordcoreano di stanza a Roma, Jo Song Gil, ha fatto perdere le proprie tracce, e la questione, scrivono diversi osservatori internazionali, rischia di mettere in imbarazzo il leader Kim Jong-un che negli scorsi mesi aveva cercato di guadagnarsi il rispetto proprio di Seul (capitale del Sud) e degli Usa.
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La vicenda: sparito a poche settimane dal ritorno in Corea
Jo Song Gil, 48 anni (44, secondo altre fonti governative sudcoreane), ha ricoperto la carica di “incaricato d’affari” della Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord in Italia: si tratta della carica diplomatica più importante dopo quella di ambasciatore (un ruolo che nessun nordcoreano ricopre in Italia, motivo per cui Jo era di fatto considerato il diplomatico di Kim Jong-un di maggior peso nel nostro Paese).
Jo Song Gil lo è rimasto per poco più di dodici mesi, dal 9 ottobre 2017: poche settimane prima Roma aveva allontanato dall’Italia il connazionale Mun Jong-nam, un provvedimento deciso come sanzione per i test missilistici effettuati dal regime di Kim Jong-un. Prima di diventare incaricato d’affari, si legge sul sito della Farnesina, Song Gil era stato primo segretario sempre a Roma fin dal 6 maggio 2015.
Il suo periodo in Italia era però giunto al termine: a fine novembre sarebbe dovuto rientrare nel suo Paese. Sull’aereo di ritorno verso la madrepatria, tuttavia, Jo non è mai salito: “È scomparso dall’ambasciata di Roma lo scorso novembre”, poche settimane prima della fine del mandato. La notizia, riportata inizialmente dal portale sudcoreano Korea JoongAng Daily, sarebbe stata comunicata dal Nis al Comitato di intelligence dell'Assemblea nazionale sudcoreana nella seduta pomeridiana del 3 gennaio.
Il motivo? Una probabile diserzione, cioè l’abbandono del proprio ruolo. Poche ore prima della rivelazione dell’agenzia di spionaggio, lo stesso giornale sudcoreano aveva rivelato che Song Gil avrebbe presentato richiesta di asilo in un non meglio precisato “Paese occidentale”, cercando “protezione per evitare di essere richiamato” in Corea del Nord. Dall’Italia, al proposito, non è però arrivata alcuna conferma.
Un duro colpo all’immagine del regime di Kim
L’ipotesi diserzione è quella più accreditata, sostenuta da diverse fonti internazionali, dai giornali spagnoli a quelli statunitensi: in Francia, Le Monde scrive che “la maggior parte dei diplomatici nordcoreani in missione all’estero sono costretti a lasciare in patria famigliari e figli”, una mossa che serve a “scoraggiare eventuali diserzioni”. Non Song Gil, però: lui si trovava a Roma con moglie e figli, una condizione privilegiata che potrebbe aver favorito la fuga.
Il sito JoongAng, citando un anonimo disertore nordcoreano, ha aggiunto che "alcuni diplomatici considerano la richiesta di asilo quando capiscono di essere vicini a essere richiamati in patria”. Non sarebbe infatti il primo diplomatico a tagliare i ponti con Pyongyang: il caso più noto è quello di Thae Yong-ho, disertore da Londra nel 2016.
Già in passato, però, era accaduto lo stesso: per primo aveva disertato Ko Young-hwan, di stanza nella Repubblica Democratica del Congo e fuggito in Corea del Sud nel 1991, seguito dal terzo segretario in Zambia Hyon Song-il nel ‘96 e infine, l’anno successivo, con Chang Sung-gil, in servizio in Egitto e fuggito a Washington. Proprio negli Stati Uniti la notizia proveniente da Roma ha avuto forte eco: per il Washington Post, se davvero si trattasse di diserzione, “la fuga del suo alto diplomatico sarebbe umiliante per Kim Jong-un che, nel 2018, aveva raggiunto risultati diplomatici senza precedenti”, primo fra tutti la storica stretta di mano con il presidente statunitense Donald Trump.