Poteva essere una tragedia e invece si è trasformata in una storia di eroismo e rinascita quella che questa estate, per settimane, ha tenuto il mondo con gli occhi puntati sulla grotta di Tham Luang, nel nord della Thailandia. In cunicoli e caverne nelle viscere della terra, 12 piccoli calciatori della squadra Wild Boar, tutti tra gli 11 e i 16 anni, e il loro allenatore venticinquenne, Ekkapol Chantawong, sono rimasti intrappolati senza viveri per 18 giorni, prima di essere salvati in un'operazione di soccorso complessa e che è gia' passata alla storia.
Il gruppo di giovani, soprannominati i 'cinghialotti' dal nome della loro squadra, si era avventurato in profondità al termine di un allenamento, il 23 giugno. Si trattava di una sorta di rito iniziatico: volevano incidere i loro nomi sulle pareti. All'esterno, pero', pioveva a dirotto per via dei monsoni e per sfuggire all'acqua che inondava i canali interni, il gruppo si è addentrato sempre piu' nella grotta rimanendovi bloccato.
Non vedendoli tornare a casa quella notte, i genitori hanno lanciato l'allarme, dando il via a una massiccia operazione di ricerca e soccorso che ha coinvolto non solo i Navy Seal thailandesi, ma anche centinaia di soccorritori, sommozzatori esperti e medici da tutto il mondo. Nel salvataggio ha perso la vita un sommozzatore thailandese 38enne, deceduto per asfissia mentre piazzava le bombole di ossigeno che dovevano 'punteggiare' il percorso per portare fuori i ragazzi.
Il salvataggio è stato drammatico: nei tratti in cui l'acqua era alta, ogni ragazzo era legato a un sub che gli apriva il percorso e trasportava la sua bombola e a un sub dietro, che lo seguiva; nei percorsi asciutti veniva trasportato in una barella rossa.
Tornati all'aria aperta, il gruppo è rimasto all'ospedale di Chiang Rai per otto giorni di controlli e cure; e le foto dei 'cinghialotti' a letto che fanno il segno di vittoria con le dita è diventata l'emblema di questa avventura. Nel loro primo incontro con la stampa, i ragazzini hanno raccontato che sono riusciti a sopravvivere, in parte anche grazie alla meditazione buddista, guidati dall'allenatore, che aveva preso i voti da monaco.
L'epilogo della vicenda è stata una sorta di "pulizia spirituale", che ha visto la maggior parte dei giovani ragazzi prendere i voti da monaci buddisti, in via temporanea, nel tempio di Pha That Doi Wao: meditazione e preghiera per nove giorni, in cui il gruppo di superstiti ha reso onore anche al sub morto per salvarli.
La vicenda è stata così incredibile che a Hollywood diversi produttori hanno dato subito il via alla gara per accaparrarsi i diritti a girarne un film.