Il 2 ottobre 2018 il giornalista saudita Jamal Khashoggi varcava la soglia del consolato del proprio Paese a Istanbul per non uscirne mai più.
Khashoggi aveva un appuntamento per ritirare documenti necessari per il matrimonio con la sua compagna turca, ma non sapeva che ad attenderlo ci sarebbe stato uno "squadrone della morte", 15 persone giunte da Riad per farlo ammazzare e poi sparire. Mentre il piano dell'omicidio si è rivelato maldestro rimane il mistero di un corpo mai più ritrovato.
I sauditi, messi spalle al muro da Ankara, hanno rinviato il più possibile il rilascio del permesso a svolgere rilievi all'interno del consolato e dopo due settimane hanno ammesso l'omicidio. L'inizio di un'arrampicata sugli specchi culminata con l'annuncio dell'arresto di 18 persone, senza che alcun particolare fosse fornito sull'indagine e nessuna collaborazione offerta concretamente ad Ankara, che chiede l'estradizione dei killer ed esige di sapere dove si trovino i resti del giornalista.
Dopo settimane di ricerche a vuoto, gli inquirenti turchi sono arrivati alla conclusione che Khashoggi, strangolato e fatto a pezzi da un patologo, sia stato sciolto in acido fluoridrico, sostanza di cui sono state trovate tracce in alcune stanze della residenza del console.
L'irritazione del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha spinto la Turchia a indagini serrate che hanno portato all'acquisizione di un audio il cui sonoro rivela un brutale omicidio. Un audio che Erdogan ha fatto ascoltare al capo della Cia, Gina Haspel, e ai presidenti di Francia, Germania, Russia e Canada. Un atteggiamento che non ha fatto sconti a Riad e che ha messo con le spalle al muro il presidente americano, Donald Trump, grande alleato della corona saudita.
Un enorme imbarazzo per la Casa Bianca, anche perché tutte le piste portano al principe erede al trono, Mohammed bin Salman, di cui Khashoggi è sempre stato un fiero oppositore e Trump uno strettissimo alleato. Il principe è stato accusato da Khashoggi sulle colonne del Washington Post, quotidiano con cui il giornalista collaborava, di voler condurre l'Arabia Saudita in un'era di "paura, intimidazioni e arresti", di impedirgli l'uso di Twitter e di scrivere sul quotidiano Al Hayat per essersi schierato con i fratelli musulmani.
Proprio la presenza delle televisioni legate alla fratellanza, impegnate in interminabili dirette dal consolato saudita, rende l'idea di come la morte di Khashoggi si sia trasformata in un braccio di ferro all'interno del panorama islamico sunnita. L'imbarazzo della Casa Bianca ha raggiunto l'apice il 5 dicembre, quando Ankara ha emesso un mandato d'arresto nei confronti del consigliere particolare del principe, Saud el Qahtani, descritto come "colui che pianifico' l'omicidio".
Mohammed ha chiesto un incontro ad Erdogan, ottenendo rifiuto dal presidente turco, che è tornato a chiedere l'estradizione dei sospetti.