Per certi aspetti, il caso è veramente clamoroso: uno dei reporter più celebri e premiati dello Spiegel - che è il più grande settimanale tedesco, una delle più autorevoli e riverite testate d'Europa - ha inventato molti dei propri scoop, falsificando testimonianze, creando dal nulla fonti che non esistevano e protagonisti che con la realtà non avevano nulla a che spartire. È lo stesso giornale tedesco a rivelare sul suo sito online quello che definisce "il punto più basso della nostra storia lunga oltre settant'anni".
Il giornalista in questione, il trentatreenne Claas Relotius, dopo esser stato messo con le spalle al muro ha confessato ed è stato licenziato in tronco. Il suo ufficio nella redazione amburghese dello Spiegel è già stato svuotato. Non si tratta di una figura marginale nel panorama dell'informazione in Germania: per i suoi reportage ha vinto tutti i più importanti premi giornalistici del Paese, tra cui il Premio per il reporter dell'anno e il Premio Peter Scholl-Latour, ma è stato pure nominato "Journalist of the Year" da parte della Cnn nonché insignito dell'European Press Prize.
Relotius scriveva per lo Spiegel da sette anni, prima come freelance, da un anno e mezzo come reporter assunto a tempo pieno. Il settimanale ha pubblicato in tutto 60 articoli, prevalentemente sulla carta ma anche on line. In passato, aveva lavorato anche per l'edizione tedesca del Financial Times, per la Zeit on line, per il domenicale della Frankfurter Allgemeine. Nella sua nota autobiografica, Relotius sostiene di aver scritto anche per il Guardian: ma per quel che riguarda il giornale britannico, lo Spiegel scrive che non è stato trovato "alcun riscontro".
I primi sospetti a novembre
I primi sospetti erano emersi a novembre, la certezza delle accuse due settimane fa, quando sono cominciate ad arrivare mail in risposta ad un pezzo di Relotius dall'Arizona: com'è possibile che abbia scritto un reportage senza esser mai stato qui a raccogliere dati e contattare fonti? Insospettito, un collega del reporter ha iniziato ad indagare su di lui, raccogliendo indizi e prove che all'inizio vengono accolti con scetticismo dalla redazione.
Finché, dopo l'ennesimo dubbio, l'ennesima fonte senza riscontro, sottoposto alle domande pressanti del giornale, Relotius crolla. E confessando tutto: almeno 14 dei suoi testi sono in gran parte dei "fake", tra citazioni fasulle, dettagli inventati, luoghi fittizi.
Il settimanale fondato nel 1947 da Rudolf Augstein ha deciso di mettere in piedi un'apposita commissione di esperti interni ed esterni per verificare, valutare e poi documentare ulteriori possibili falsificazioni. Per il giornale si tratta di una ferita particolarmente sanguinosa: non solo perché proprio il giornalismo investigativo è uno dei suoi tratti distintivi, ma anche perché è da sempre famoso per le sue procedure di controllo degli articoli e di "fact checking". "Questa rivelazione - scrive ancora lo Spiegel in un grande articolo pubblicato sulla homepage del proprio sito - è uno shock per la redazione, per la casa editrice e per tutti i suoi collaboratori". Uno dei redattori addetti a passare i pezzi del collega non ha esitato a definire l'affaire-Relotius "un lutto di famiglia".