Il Governo del Kuwait ha vietato la vendita di stampanti 3D dopo i sermoni dei clerici che le avevano definite opere del demonio in quanto utilizzate per riprodurre statuette “usate per il culto di idoli satanici”.
L’opinione pubblica kuwaitiana sulle stampanti 3D si è accesa a metà settembre quando il video di una Stories su Instagram di un uomo che mostrava una copia di se stesso riprodotta da una stampante 3D è diventato virale.
A seguito del dibattito sui social network generato dal video, il clerico Osman Khamis ha lanciato una fatwa contro le stampanti 3D associandole ad opere del demonio e ha invitato il governo a prendere provvedimenti per non far ritornare in voga l’idolatria. I clerici si sono sopratutto scagliati contro le statuette prodotte dalle stampanti 3D, riferendosi a queste con il termine di “idoli” al fine di spostare il dibattito sul piano religioso.
L’atto di associare altri dei ad Allah, l’unico dio nel monoteismo islamico è una delle accuse più gravi che possa essere mossa e che può portare fino alla pena di morte. C’è da sottolineare come l’uso di queste stampanti nella vita di tutti i giorni, anche kuwaitiana, si sia sempre più spostato verso la realizzazione di pezzi di ricambio o utensili da utilizzare in fabbrica.
In Italia ci sono artisti come Federico Clapis, ex Youtuber, che hanno creato un filone artistico a doppio filo con le stampanti 3D. Ma l’attenzione sulle statuette prodotte si è diffuso online sotto l’hashtag “Idols in Kuwait" (scritto in arabo) per esprimere l’opposizione alle statuette prodotte con stampanti 3D, arrivando a considerarle una minaccia per l’intera società.
La richiesta di divieto presentata da un Parlamento a maggioranza religioso è stata resa operativa dal Governo. Oggi sebbene il Kuwait sia uno dei paesi più liberali e democratici dell’intera area del Golfo, questa decisione testimonia come l’influenza religiosa sia notevolmente cresciuta nel paese.