Emmanuel Macron comprende la "collera" dei gilet gialli, ma non tollera le violenze e decreta simbolicamente uno "stato di emergenza economica e sociale", per uscire dal quale saranno prese misure in grado, soprattutto, di restituire alla Francia e ai francesi il loro presidente, scomparso da giorni e riapparso questa sera in televisione per un discorso alla nazione. "La collera è giusta, in un certo senso", ha detto Macron, avvertendo, però, chi ha dato vita ai disordini di queste settimane che "la violenza che non può essere tollerata".
"Mi rendo conto di aver fatto male ad alcuni francesi con le mie dichiarazioni", ha ammesso, promettendo di "riconciliare" il paese. "La mia legittimità deriva da voi francesi, non da lobby", ha aggiunto Macron, tentando di spogliarsi dell'immagine di uomo delle banche e delle grandi imprese, i cui proprietari, ha annunciato, "devono pagare le tasse in Francia".
Le riforme promesse
Dopo il 'mea culpa', l'annuncio delle misure, alcune delle quali "saranno prese già questa settimana": aumento dello stipendio minimo di 100 euro a partire dal 2019, straordinari esentasse, bonus detassati, e "per i pensionati che ricevono meno di 2.000 euro al mese, annulleremo nel 2019 l'aumento del Csg (contributo sociale generalizzato)". "Tutti dobbiamo prenderci la nostra responsabilità, distribuire le ricchezze, essere più equilibrati dal punto di vista fiscale, in modo che sia garantita la giustizia sociale nel Paese... Dobbiamo affrontare senza paura anche il tema della migrazione, tutti dovranno fare la propria parte", ha sottolineato Macron, chiudendo in modo solenne: "Ce la faremo. Vive la France. Vive la Republique".
L'ora più buia
Per il presidente francese, quella attraversata è forse l'ora più buia di un mandato cominciato 19 mesi fa e che lo ha visto crollare nel gradimento dei connazionali. La rivolta dei 'gilet gialli' inizia a pesare anche sull'economia oltre che sul tessuto sociale della Francia, con il tasso di crescita che nel quarto trimestre 2018 potrebbe essere dimezzato da +0,4% a +0,2%, secondo le previsioni della Banca di Francia. Ieri il ministro dell'Economia, Bruno le Maire, aveva ammesso la "catastrofe" e oggi è arrivata la conferma di una decelerazione dei servizi come conseguenza diretta del movimento che sta infiammando il Paese: in calo trasporti, riparazione e produzione macchine, ma anche turismo e vendite al dettaglio.
Ai principali settori di attività economica colpiti, si aggiungono i danni causati dalle violenze dei scorsi fine settimana a Parigi e in altre città. In mattinata il presidente ha incontrato i leader dei principali sindacati e del Medef in rappresentanza delle grandi aziende francesi, l'equivalente della Confindustria. Nel pomeriggio è stata la volta dei presidenti della Camera dei deputati e del Senato, mentre le autorità di sicurezza snocciolavano i dati dell'ordine pubblico: dal 17 novembre, il primo giorno di protesta dei 'gilet gialli', la polizia francese ha fermato 4.099 persone e ne ha denunciate 4.500.
Cosa può accadere ora
Non è chiaro se si andrà a un rimpasto del governo di Edouard Philippe, ma per il momento gli occhi dell'Eliseo sono puntati sulle piazze, per saggiare la reazione al discorso di questa sera. "Siamo già pronti per l'atto V delle proteste". aveva detto prima del messaggio presidenziale uno dei capofila della protesta nell'hinterland parigino, Laetitia Dewalle. La leader dei 'gilet gialli' nel dipartimento del Val d'Oise ha elencato tra "le misure indispensabili per soddisfarci: un referendum di iniziativa cittadina (RIC), l'aumento dello stipendio minimo e dei salari più bassi con una riduzione delle imposte sociali e la reintroduzione della tassa sul patrimonio", auspicando anche "una diminuzione degli stipendi di ministri e parlamentari". Solo in caso di provvedimenti forti i 'gilet gialli' sono pronti a sedersi al tavolo negoziale, altrimenti scenderanno nelle strade il prossimo sabato.