Serge Attukuei Clottey ha un nome difficile da pronunciare, ma già molto diffuso nel mondo dell’arte dove è considerato il padre di un movimento, l’Afrogallonismo, che affronta temi legati all’Africa, da quello dell’immigrazione a quello della povertà e dell’inquinamento, usando taniche di plastica gialla. Presenti a migliaia in quasi tutti i paesi del continente, questi contenitori, chiamati galloni, arrivano dall’Europa o dall’America pieni di olio da cucina. Una volta in Africa vengono riutilizzati per trasportare o per immagazzinare l’acqua. In Ghana, paese di origine dell’artista, sono uno strumento di vita quotidiana nei quartieri poveri come nei remoti villaggi dell’entroterra.
L'arte di Clottey
Serge lo incontriamo nel suo studio di Labadi, a La Township, quartiere periferico di Accra, nel giorno in cui ha allestito una mostra di strada, "360 La”, dove le sue opere coprono, creando un paesaggio nuovo e futurista, le case, le strade, le botteghe, le macchine dell’intero quartiere e di cui sia pubblico che abitanti diventano parte integrante.
In quella che una volta era la casa del padre e ora è un punto di riferimento non solo culturale ma anche economico per buona parte della popolazione circostante, oggetti di uso comune, taniche, rifiuti in plastica, pezzi di imbarcazioni in legno o di automobili e motociclette, vengono destrutturati e trasformati. Così manipolati i galloni diventano pezzi d’arte esposti non solo per le strade di Labadi, ma nelle gallerie di tutto il mondo, da Berlino a New York e San Francisco.
Il processo avviene con l’aiuto di quella che l’artista definisce ‘la sua gente’, gli abitanti della township, quindici li impiega a tempo pieno e circa 800 persone fanno parte dei collettivi da lui creati, ‘GoLokal‘ o “Afrogallonism”, e partecipano alle performances che accompagnano le sue mostre.
La collaborazione con la comunità ghanese
Attukuei Clottey in questo modo ha un impatto sui giovani del quartiere. “Il mio lavoro è globale - afferma l'artista - ma ciò che più mi interessa è il luogo in cui è prodotto e il modo in cui tutta la comunità partecipa". Un processo creativo che, ci spiega l'artrista, è alla base di uno dei suoi obiettivi, quello di educare attraverso l’arte i ragazzi poveri e poco istruiti ai grandi temi politici. E alla fine ci si ritrova in uno spazio positivo, in cui i ragazzi, hanno l’opportunità di esprimersi, di essere liberi e creativi.
Un altro obiettivo di Clottey è la denuncia ambientale. “Il mio lavora presenta il degrado, la plastica è un problema enorme nel nostro paese perché mancano infrastrutture e la mia idea è quella di trasformare oggetti di strada o di uso comune in pezzi d’arte cambiandone così il valore”.
Nei primi lavori dell’artista i galloni venivano usati nella loro interezza, spesso trasformati e sciolti con il fuoco, poi a poco a poco Serge ha iniziato a tagliarli in un lungo processo che è iniziato nei primi anni 2000. “Questi oggetti - spiega - hanno fatto parte della mia infanzia e per i ragazzi dei quartieri poveri rappresentano solo problemi, sono pesanti, quando servono per il trasporto dell’acqua vanno spinti o portati per molti chilometri, dunque ho voluto provare a trasformare un problema in una soluzione”.
Da allora, quando per realizzare la sua prima opera ha impiegato un anno e mezzo, di opere Serge ne ha realizzate a centinaia e da ragazzo di quartiere è diventato un artista della scuderia di Gallery1975, una fucina con base ad Accra ma presenza internazionale, con un focus sugli artisti del West Africa, insieme ad altri calibri di livello globale come Jeremiah Quarshie, pittore iperrealista, Yaw Owusu, scultore, Gerald Chukwuma, artista nigeriano emergente.
Serge Attukuei Clottey, spesso accostato dai critici d'arte ai connazionali Ibrahim Mahama, che utilizza sacchi di iuta per il carbone con cui ricopre intere palazzi e a El-Anatsui, che lavora con i tappi di bottiglia, come loro ha creato un link fra Africa, Europa e America usando materiali in grado essi stessi di trasmettere forti messaggi di cambiamento.