Le notizie di un Dalai Lama malato si rincorrono da mesi, ma secondo ultime indiscrezioni dei media indiani (in Italia ne ha scritto il Corriere della Sera) l’83enne sarebbe ormai agli sgoccioli, consumato da un cancro alla prostata che starebbe combattendo in Svizzera tramite radioterapia. Il medico personale del Nobel per la Pace ha etichettato la notizia come priva di ogni fondamento ma in realtà, dato l’avanzare del tempo, in India e Cina già da tempo si discute di ciò che accadrà alla morte di quella che è la 14esima guida spirituale per milioni di buddisti. India e Cina sì, perché la nomina del Dalai Lama è affare assai importante anche sul fronte politico, l’India ospita le autorità buddiste dal 1959, quando furono cacciate dalla Cina, ed ha accolto negli anni circa 130 mila profughi tibetani.
La nomina del prossimo Dalai Lama dunque non può che passare anche da un accordo col governo cinese di Xi Jinping, che già ad aprile, durante l’incontro col premier di New Delhi Narendra Modi, ha dettato le sue richieste: l’India dovrà invitare i profughi a prendere regolare cittadinanza indiana e al governo tibetano in esilio verrà invece chiesto di ammorbidire l’opposizione al governo cinese. Modi in questo modo dovrebbe ottenere per il suo paese un alleggerimento della pressione militare lungo la frontiera dell'Himalaya.
Una carica non solo spirituale quindi, ma anche politica, due concetti che per il popolo tibetano sono strettamente legati. Una carica, quella del Dalai Lama, che potrebbe anche non esistere più. Sul suo sito infatti, Tenzin Gyatso, che già dal 2011 è una sorta di ambasciatore del movimento buddista nel mondo, avendo lasciato l’incarico di governo ad una figura chiamata Kalon Tripa, ha scritto:
“Quando avrò più o meno novant’anni, mi consulterò con gli altri Lama [“maestri”] del buddismo tibetano, con il popolo tibetano e con i fedeli del buddismo tibetano: ci chiederemo se la figura del Dalai Lama dovrà continuare o meno, e prenderemo una decisione. Se verrà deciso che l’istituzione del Dalai Lama deve essere mantenuta e ci sarà il bisogno di individuare il 15esimo Dalai Lama, la responsabilità di farlo spetterà al governo del Tibet. Dovranno consultare i capi del buddismo tibetano e i venerati Protettori della Legge [delle specie di divinità protettrici dei monasteri] che sono legati inestricabilmente alla successione dei Dalai Lama. Dovrebbero cercare consiglio ed essere indirizzati da queste persone e successivamente procedere alla sua ricerca secondo la tradizione. Lascerò delle chiare istruzioni scritte, a questo riguardo. Ma tenete a mente che nessun riconoscimento sarà dato a un candidato scelto per fini politici da chiunque, inclusi gli abitanti della Cina”.
Parole che lasciano poco spazio alle supposizioni. Un Tenzin Gyatso che con quest’ultima frase metteva in guardia il proprio governo rispetto a eventuali interferenze della Cina nella scelta del suo successore; esattamente ciò che sta accadendo in questo momento. Cosa che potrebbe anche far sospettare che la presunta malattia abbia già messo fuori gioco sua Santità.
Nel 2007 Tenzin Gyatso dichiarò al Saneki Shimbun:
"Se il popolo tibetano vuole mantenere il sistema del Dalai Lama, una delle possibilità che ho preso in considerazione con i miei aiutanti è selezionare il prossimo Dalai Lama mentre sono vivo".
Ciò potrebbe significare che potrebbe avvenire sia una sorta di elezione democratica tra i monaci buddisti senior o una selezione personale da parte dello stesso Dalai Lama. Una vera rivoluzione. Per le tredici precedenti incarnazioni infatti, i monaci si sono sparpagliati per tutto il Tibet con le reliquie del defunto Dalai Lama in cerca di quello che non è un erede ma, appunto, la reincarnazione stessa della guida spirituale. Un ragazzo, meglio sarebbe dire un bambino, che, per essere nominato, deve riconoscere gli oggetti appartenuti nella sua precedente vita, dimostrando così che l’anima del Dalai Lama sia passata in una nuova esistenza terrena.
Nella maggior parte dei casi si tratta, appunto, di un bambino ancora molto piccolo che una volta individuato viene condotto in un monastero, consacrato novizio e iniziato al suo percorso spirituale sotto la custodia di una figura chiamata Reggente, fino alla maggiore età. Un rituale tanto antico quanto particolare che ora potrebbe mutare, segnando una svolta epocale nella storia del buddismo.