La crisi della lira spinge la Turchia verso il Cremlino: l’economia è in affanno, gli Usa adottano la politica dei dazi contro uno degli alleati strategicamente più importanti, Recep Tayyip Erdogan passa la sua peggiore giornata dai trionfi delle riforme che un anno fa lo hanno reso padrone assoluto del suo paese. In cerca di sostegno internazionale, riapre immediatamente il dialogo con il Cremlino. Ventiquattro ore che rischiano di cambiare gli assetti interni alla Nato e al Medioriente per il prossimo futuro.
Il tracollo di una moneta
La lira turca nel giro di 24 ore ha perso il 19 per cento del suo valore contro il dollaro e da gennaio si è svalutata del 40 per cento mettendo in crisi consumatori e imprese. Il presidente Erdogan, ha risposto sollecitando i suoi concittadini a cambiare la valuta straniera in loro possesso per sostenere la valuta nazionale affermando che si tratta di una "lotta nazionale" per fronteggiare la "guerra economica" che a suo dire è stata lanciata contro Ankara.
"Se hai dollari, euro o oro sotto il cuscino, vai in banca e scambiali con lire turche", ha dichiarato in un discorso a Bayburt, nel nordest del Paese, trasmesso in tv.
Erdogan gioca la carta identitaria
"Loro hanno i dollari, noi abbiamo la nostra gente e il nostro Dio", aveva dichiarato Erdogan ancor prima del nuovo record negativo alla riapertura dei mercati questa mattina, quando la valutazione del dollaro sulla moneta turca ha toccato quota 6,41, dal 5,86, (altro minimo) fatto registrare ieri sera. Dati che fanno crescere l'attesa per le misure economiche annunciate dal ministro delle finanze (e genero di Erdogan) Berat Albayrak, la cui missione appare sempre più difficile.
Preoccupazioni anche per le banche italiane
Secondo quanto riferito dal Financial Times, la Bce sarebbe preoccupata per l'esposizione che alcune banche spagnole, francesi e italiane. Gli istituti particolarmente esposti, scrive il quotidiano britannico, sono la spagnola Bbva, l'italiana Unicredit e la francese Bnp Paribas (che controlla l'italiana Bnl).
Il meccanismo di vigilanza unico della Bce, l'organismo dell'Istituto centrale che monitora l'attività delle maggiori banche dell'Eurozona, da oltre un paio di mesi sta controllando la situazione. L'Istituto di Francoforte, rivela il Ft citando alcune fonti, "non vede ancora la situazione come critica. Ma ritiene Bbva, UniCredit e Bnp Paribas, particolarmente esposte alla luce delle significative operazioni che hanno in Turchia".
Trump aumenta i dazi e la Borsa di Milano è la peggiore d’Europa
Non a caso è stato un venerdì nero per la Borsa di Milano, risultata la peggiore. Sull’economia turca, infatti, si sono addensate le nubi dopo che il presidente statunitense, Donald Trump, ha dato il via libera al raddoppio dei dazi sull’acciaio e all’incremento del 20% sull’alluminio proveniente dalla Turchia. Una tempesta perfetta che ha portato il Ftse Mib a chiudere l’ultima seduta settimanale con un tonfo del 2,51% a quota 21.090 punti; All Share -2,41%.
In questo scenario autentico bagno di sangue soprattutto per i bancari, con Unicredit che è risultato il titolo maggiormente bersagliato dalle vendite a causa della sua maggiore esposizione verso il mercato turco, dove possiede l’istituto Yapi Kredi. Le azioni della banca guidata da Jean Pierre Mustier sono crollate del 4,73% archiviando la sessione a quota 13,7760 euro, con un minimo intraday a 13,5120 euro.
Erdogan e Putin di nuovo amici
Dopo l’annuncio che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe autorizzato l’aumento dei dazi sulle importazioni di alluminio e acciaio dalla Turchia Erdogan e Vladimir Putin hanno avuto un “lungo colloquio” telefonico, a rilanciare un rapporto che, negli ultimi due anni, ha avuto alti e bassi ma segna una virata della Turchia, paese Nato, in direzione della Russia.
Secondo il quotidiano turco Daily Sabah, “i due leader hanno definito positive le relazioni economiche e commerciali tra i due paesi”. Erdogan e Putin hanno anche discusso della crisi siriana in corso e dei recenti sviluppi relativi al processo di Astana.
Due punti particolarmente delicati, e sui quali gli Usa hanno avuto a che ridire non poco nel corso degli ultimi tempi.