Nessun compromesso su nessun punto: questa la politica di Budapest di fronte a due minacce esterne. quella dei migranti (una volta provenienti attraverso la cosiddetta "rotta balcanica") e quella dell'Europa, che vorrebbe una redistribuzione il più possibile equa di quella che, chiusa la rotta balcanica, è divenuta la rotta mediterranea.
Un vecchio pallino di Viktor
La lotta all'accoglienza dei profughi è sempre stata il cavallo di battaglia del premier ungherese, Viktor Orban: una 'linea dura' che ha portato il premier a violare anche le direttive europee e indurre la Commissione Ue a deferire il governo alla Corte di Giustizia europea per le sue politiche xenofobe. Bruxelles rimprovera a Budapest di non aver dato un accesso effettivo ai procedimenti di asilo e ha aperto una procedura di infrazione per la cosiddetta legge anti-Soros che punisce le organizzazioni che sostengono l'accoglienza.
Avanti senza tentennamenti a cambiare la Costituzione
Il nazionalista Orban però tira dritto con il suo pugno di ferro: mercoledì ha annunciato il ritiro dell'Ungheria dal Patto globale dell'Onu per una migrazione sicura e regolare. E non basta: perché con la modifica alla Costituzione, approvata il mese scorso, il Paese ha messo una pietra tombale su ogni forma di aiuto ai migranti: nella sostanza, nessun cittadino straniero potrà insediarsi in Ungheria e coloro che sono arrivati nel Paese attraverso una nazione dove non sono sottoposti a persecuzione o minaccia dirette non potranno chiedere asilo; una norma che colpisce tutti coloro che arrivano da Asia e Medioriente via terra, passando dalla Serbia.
In galera chi aiuta i clandestini
Inoltre, è stata prevista una condanna fino a un anno di carcere per chi aiuta i migranti, compresi rifugiati e richiedenti asilo. Nella stessa legge è previsto un emendamento contro il sistema di redistribuzione europeo dei migranti in base alle quote. Il pacchetto di leggi, denominato 'anti-Soros' dal nome del filantropo ungherese George Soros, impone anche una tassazione al 25% sulle organizzazioni che si occupano di accoglienza.
Da anni non arriva più nessuno
Si tratta di misure repressive prese in un Paese dove, peraltro, dopo il boom del 2015 arrivano ormai pochissimi migranti da quando lungo la frontiera meridionale è stata eretta una barriera, lunga decine di chilometri, dotata di sensori che danno una scossa elettrica a chi tenti di superarla.