"Solo in Turchia un partito democratico, votato da milioni di persone è stato messo fuorilegge dalla magistratura". Con queste parole alcuni esponenti della Lega avrebbero commentato la sentenza della Cassazione che obbliga il suo partito a restituire i 49 milioni di euro sottratti allo Stato in una truffa che risale a una decina di anni fa e per la quale è stato condannato a trenta mesi di reclusione anche l’ex leader del Carroccio Umberto Bossi.
Una reazione forte, durissima, che ha aperto un importante frattura tra il partito di Matteo Salvini e il mondo della giustizia. Un paragone, quello con la Turchia di Erdogan che non è passato inosservato. La Turchia da circa quattro anni fa i conti con un leader autoritario e dirigista, Recep Tayyip Erdoğan, con un’escalation di terrorismo e di violenza e con l’arretramento dei confini di diritti umani e libertà, sempre più costretti in vincoli soffocanti, che ha fatto notizia sui giornali di tutto il mondo.
Nella puntata de Il tempo e la storia che la Rai ha dedicato agli ultimi trent’anni della Turchia, viene ripercorsa l’evoluzione di un Paese che dal laicismo del Novecento insegnato da Mustafa Kemal Atatürk – il padre della patria, eroe turco dopo il crollo dell’impero ottomano - è ripiombato nell’autoritarismo imposto dall’attuale presidente Erdoğan. A segnare un primo momento di rottura nella crescita della Turchia erano state le proteste di Gezi Park nel 2013, quando migliaia di persone e in particolare i più giovani erano scesi in piazza per dire no alla costruzione di un centro commerciale nel parco di Gezi, uno dei pochi spazi verdi nel centro di Istanbul.
La Turchia, crocevia della guerra in Siria
Ma il destino recente della Turchia, quello segnato dal biennio 2015-2016 di continui attentati terroristici e macchiato di sangue, è legato alla guerra in Siria, il Paese con cui la Turchia confina a sud-est.
Tensioni civili poi diventate rivendicazioni politiche, sfociate infine in un tentato colpo di Stato contro Erdoğan la sera del 15 luglio 2016 orchestrato, secondo il presidente turco, dall’ex imam Fethullah Gülen in esilio negli Stati Uniti. Da allora in Turchia le libertà sono in pericolo: lo stato di emergenza, che sospende la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dura in maniera ininterrotta dall’estate del 2016. Nei mesi immediatamente successivi al golpe fallito, Erdoğan ha anche cominciato le purghe per cercare di cancellare l’opposizione al suo regime che molti osservatori internazionali paragonano a una dittatura.
Colpite oltre 170 mila persone tra militari, giornalisti, intellettuali, professori e politici. In quest’ultima categoria, a essere denunciati e arrestati sono stati soprattutto i leader curdi. A novembre 2016 erano stati fermati i due capi politici del Partito Democratico dei Popoli (Hdp), filo-curdo e di sinistra. E con un parallelo forse un po’ troppo ardito, le parole di Salvini sembrano voler paragonare la sua Lega ai partiti di opposizione turchi.
Erdoğan contro i curdi, che però ora sono in Parlamento
“Sono una minoranza che non ha mai amato”. L’Espresso dipingeva così il modo in cui la popolazione curda appare agli occhi del presidente Erdoğan. “Ai 55 parlamentari dell’Hdp è stata tolta l’immunità; in 82 villaggi e città del Sud-est sono stati rimossi i sindaci curdi per far posto a commissari governativi e 13 rappresentanti dell’HDP sono in carcere da novembre con l’accusa di collaborazionismo con il Partito dei lavoratori del Kurdistan, il PKK”, quello che per Erdoğan è una vero e proprio gruppo terroristico. E in mezzo alla battaglia tra il presidente e le forze di opposizione sono arrivati due tornate elettorali. Quella dell’aprile 2017, il voto sulla riforma costituzionale che ha aumentato i poteri del leader del portando la Turchia al presidenzialismo. E quella di dieci giorni fa, il 24 giugno 2018 quando, nonostante la riconferma del presidente, i curdi sono riusciti a superare la soglia di sbarramento ed entrare in Parlamento.