Li Yi-yi è una ragazza con i capelli sciolti seduta sul cornicione di un palazzo. Ha una borsa sulle ginocchia. Il cellulare in mano. Lo fissa. Poi guarda il vuoto. Un uomo la raggiunge. Le tende le mani. Lei le ignora. Passano ore. Un tempo infinito eppure veloce. La morte in diretta.
Il video ora mostra la ragazza appesa al cornicione. L’uomo che è lì per salvarla fa di tutto per cercare di tirarla su. Non ci riesce. Il volo. Lui urla, piange. Il tonfo. L’agghiacciante applauso dal basso che lo accompagna.
A rendere più macabro il suicidio di questa studentessa di appena 19 anni sono le risate di chi assiste divertito la scena ai piedi della costruzione. “Ancora non salti?”: qualcuno la incoraggia, persino.
Ora almeno in sei sono in stato di fermo per istigazione al suicidio, scrive il Global Times. Nessuna consolazione. Il padre si cela dietro a un silenzio tombale. La sua bambina non c’è più. Si è ammazzata il 21 giugno lanciandosi da un edificio nella città di Qingyang, nella provincia nord-occidentale del Gansu.
Il suicidio ripreso in diretta streaming è diventato virale sui social cinesi (è stato successivamente rimosso). Su Weibo è scoppiata una feroce polemica per le risate indecenti che hanno accompagnato gli ultimi istanti di vita della ragazza. Migliaia i commenti su un caso destinato a fare storia. Non era la prima volta che Li Yi-yi tentava di togliersi la vita. Era già accaduto anni fa. A salvarla in passato fu lo stesso uomo che oggi l’ha vista morire sotto i suoi occhi, mentre precipitava nel vuoto.
Li Yi-yi soffriva di depressione. La sua storia era nota in città. Tutto ha inizio nel 2016. Ha 16 anni, frequenta la Scuola Media Superiore di Qingyang numero 6. Quel giorno va in infermeria per un forte mal di pancia. La raggiunge il suo professore, Wu Yonghou. Inizia l’incubo. Si china su di lei. La stringe, l’accarezza, la bacia. Prima sulla bocca. Poi le mordicchia le orecchie. Prova a toglierle i vestiti. La porta si apre all'improvviso, entra un altro professore. L’incubo finisce, ma nella testa di Li continua a fermentare. Non si riprenderà più dallo choc.
Il giorno dopo trova il coraggio di denunciare le molestie alle autorità scolastiche. L’incidente viene risolto in modo sbrigativo. Il professore chiederà scusa alla studentessa. Lei tornerà in classe come se nulla fosse accaduto. A lezione con il mostro.
Non si rassegna, Li Yi-yi. Scrive così un rapporto alle autorità locali. Nella lettera indirizzata alla Corte del Popolo di Qingyang, ricostruisce accuratamente l’accaduto. Il professore – secondo China Times - si difende dalle accuse della studentessa ammettendo di averla toccata solo per “controllare se avesse la febbre”. Wu viene assolto senza accuse e continua a insegnare. Li, sconfortata, abbandona le vie legali. Si chiude nella sua depressione.
La CCTV fornisce una versione diversa. Secondo la tv di stato, l’insegnante trascorre dieci giorni in carcere con l’accusa di molestie sessuali. L’istituto scolastico offre alla famiglia Li di ritirare l’accusa in cambio di un risarcimento di 350 mila yuan (53 mila dollari). La proposta viene respinta.
“Diceva che la depressione è come un tumore”, racconta il padre. Un certificato medico conferma che Li Yi-yi soffriva di depressione e di stress post-traumatico dopo l’episodio di abusi. Ma secondo i giudici della corte non c’era nessun legame diretto tra la malattia di Li e le molestie subite a scuola.
Negli ultimi mesi le storie di ragazze abusate dai professori è diventato un trending topic su Weibo. Numerosissimi i casi di molestie sessuali nelle scuole cinesi destinati a restare impuniti.
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