Fuori Mariano Rajoy, dentro il socialista Pedro Sanchez: la Spagna vive oggi l’ennesimo coup de theatre di una recente quanto tormentata storia politica fatta di elezioni anticipate, trattative estenuanti e crisi separatiste. Il nuovo Presidente del Governo ha già promesso il rispetto degli impegni con l'Europa, e ascolto nei confronti della Catalogna.
Il premier spagnolo uscente paga il prezzo dello scandalo di corruzione - il più grave della Spagna democratica – che ha travolto il suo Partito Popolare. Dopo giorni di braccio di ferro, ha riconosciuto la sua sconfitta in Parlamento pochi minuti prima del voto della mozione di sfiducia nei suoi confronti passata con 180 voti a favore, 169 contrari e un astenuto, si legge su El Pais. “È stato un onore lasciare una Spagna migliore di quella che ho trovato”, ha detto al termine dei suoi sette anni di governo.
Contro Rajoy - uno dei premier europei più longevi politicamente – si sono schierati i deputati socialisti di Psoe, quelli della sinistra radicale di Podemos, i nazionalisti baschi e quelli catalani insieme ad Esquerra repubblicana e poi Compromis e Nueva Canarias. Per Rajoy, che la stampa ha ribattezzato il presidente dalle sette vite sembra giunta quindi la fine (politica). Ma quand’è che è precipitato tutto?
Un processo travolge Mariano
Al potere dal 2011, Rajoy è sopravvissuto alla peggiore crisi politica in 40 anni, la sfida indipendentista catalana, e anche alla peggiore crisi economica degli ultimi decenni. Ma è stato messo in ginocchio dalla corruzione del suo partito popolare: la resa dei conti è arrivata sull'onda dello scandalo Gurtel. Dopo 10 anni di indagini, il processo sul caso “Operacion Gurtel” si è concluso il 24 maggio con una raffica di pesanti pene: 351 anni di carcere per 29 dei 37 imputati per avere partecipato a una “efficace struttura di corruzione istituzionale”.
Al centro del caso c’è l’ex tesoriere del partito Luis Barcenas condannato a 33 anni di carcere. In particolare, secondo i giudici, la rete diretta da Barcenas e da Francisco Correa – la mente dell’organizzazione condannato a 51 anni – è stata attiva dal 1999 al 2001. Sul tavolo c’erano favori e tangenti in cambio di commesse ottenute da amministrazioni pubbliche guidate dal Partito popolare. Da questa rete di affari illeciti, l'ex tesoriere del Pp aveva accumulato decine di milioni di euro in conti in Svizzera.
“Solo vecchi casi isolati”
Pur ammettendo la pericolosità per l’unità del partito, in un’intervista radiofonica rilasciata poco prima della sentenza Rajoy ha liquidato lo scandalo come “vecchi casi isolati di corruzione”. "La sua permanenza come primo ministro è dannosa, ed è un peso non solo per la Spagna, ma per il suo partito", ha tuonato Sanchez, nel dibattito alle Cortes, dominato dalle accuse incrociate tra i due.
Da parte sua Rajoy – si legge su Politico - ha rimandato le accuse al mittente citando casi di corruzione che hanno coinvolto il Psoe negli ultimi anni. “Chi sei? Madre Teresa di Calcutta?”, ha detto all’avversario accusandolo di aver architettato la mozione di sfiducia per mascherare la sua incapacità di arrivare al potere come chiunque altri. E cioè attraverso il voto.
I due errori fatali di Rajoy
Nei giorni scorsi, il premier uscente si era mostrato fiducioso riguardo l’appoggio del Partito nazionalista basco (PNV). Forte del fatto che il suo governo aveva destinato al Paese Basco 540 milioni nel budget 2018 da destinare agli investimenti.
Ma Sanchez ha rilanciato la posta in gioco con promesse ai baschi e ai catalani: il budget messo sul tavolo da Rajoy sarà confermato e a quello di aggiungeranno altri progetti. Due gli errori che sono risultati fatali al premier sfiduciato: sottovalutare la portata dello scandalo Gurtel e fidarsi ciecamente dei baschi, ancora infastiditi per il modo in cui Madrid aveva affrontato la crisi indipendentista catalana.