"È tempo che la Germania riveda la sua relazione con la Russia?" si domandava due mesi fa Deutsche Welle, il portale, controllato dalla radiotelevisione pubblica tedesca, che a volte funge da espressione in lingua inglese del Merkel-pensiero. L'articolo suggerisce una risposta negativa: secondo il suo autore, Berlino dovrebbe essere più intransigente. Eppure il deterioramento dei rapporti tra Mosca e l'Europa causati dall'annessione della Crimea non deve essere stato vissuto bene dalla cancelliera, costretta a seguire gli Usa in uno scontro frontale che ha causato forti malumori in alcuni membri del blocco comunitario. E non solo per gli ancora robusti, nonostante le sanzioni, rapporti economici tra Russia e Germania.
Quando Schroeder rilanciò l'Ostpolitik
Per anni il Cremlino era stato l'interlocutore naturale di Berlino, molto più degli Stati Uniti. Non c'è bisogno di rievocare i tempi dell'Ostpolitik di Willy Brandt, il cancelliere socialista che negli anni '70 cercò la distensione con l'Urss. Basta tornare all'epoca in cui era cancelliere Gerard Schroeder, che, insieme all'allora presidente francese Jacques Chirac, guardò a Est in seguito al raffreddamento dei rapporti con l'allora inquilino della Casa Bianca, George W. Bush, del quale non si condividevano le avventure belliche in Medio Oriente. Con l'elezione di Obama tornò il sereno tra le due sponde dell'Atlantico. L'arrivo di Trump ha cambiato tutto. Forte è l'incompatibilità tra lui e Angela Merkel, che non può sopportare la sua retorica aggressiva sul surplus commerciale tedesco, con conseguenti minacce di dazi. Lo spostamento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme e il ritiro dall'intesa sul nucleare iraniano hanno ulteriormente aggravato una frattura che, almeno per Berlino, potrebbe non essere più componibile.
La diplomazia delle casse di birra
L'unica alternativa quindi è cercare quella riconciliazione con Mosca nella quale Vladimir Putin non ha mai smesso di sperare. E tra i due leader l'affinità va oltre gli interessi di carattere industriale e commerciale. Putin ama la Germania, dove ha lavorato a lungo quando militava nel Kgb, e parla un tedesco eccellente. Come ottimo è il russo di Angela Merkel che, vecchia ragazza della Ddr, è stata educata nel mito dei soviet. Il filo tra i due non si è mai spezzato. Angela Merkel continua a essere il leader europeo dal quale Putin riceve più telefonate e la consuetudine giunge a livelli di cordialità insospettabili, come le casse di birra Radeberger che la cancelliera continua a inviare regolarmente al presidente russo (lo ha rivelato lui stesso), che aveva imparato ad amare quella marca nei suoi anni da agente segreto nella Germania dell'Est.
Il riavvicinamento sul nucleare iraniano
Che la musica fosse cambiata, o meglio fosse tornata quella di un tempo, lo ha dimostrato lo scorso 10 maggio la visita a Mosca del nuovo capo della diplomazia tedesca, il socialista Heiko Maas. Maas non è un amico della Russia, soprattutto in confronto al predecessore Sigmar Gabriel, che aveva chiesto esplicitamente l'allentamento delle sanzioni. Poco dopo il suo insediamento, definì il Cremlino "un aggressore" in un'intervista allo Spiegel, accusandolo di "crescente ostilità". Eppure la sua prima missione da ministro degli Esteri è avvenuta a Mosca dove, insieme all'omologo russo Serghei Lavrov, aveva lanciato un appello congiunto a Trump perché cambiasse idea. Lavrov, col sarcasmo che lo contraddistingue, aveva affermato di "apprezzare" la visita e che parlare faccia a faccia è molto meglio della "diplomozia dei microfoni", una frecciata relativa a quell'intervista.
La missione di Maas preparò il terreno all'incontro tra Merkel e Putin avvenuto a Sochi la settimana dopo. Nella conferenza stampa seguita al vertice, oltre a riaffermare il comune intento di mantenere in vita l'intesa su Teheran, Merkel ha richiamato con franchezza le "violazioni" del cessate il fuoco in Ucraina ma ha anche menzionato "l'interesse strategico della Germania" nell'avere buone relazioni con la Russia. Putin le ha fatto eco definendo il colloquio molto utile e sottolineato come sia avvenuto "in un momento interessante".
Pressione su Maas perché ammorbidisca i toni
Un ostacolo a una distensione che Merkel, ai ferri corti con Trump su molti fronti, potrebbe ormai considerare indispensabile, arriverebbe però proprio da Maas. A non gradire la sua retorica, percepita come antirussa, è proprio la base del suo partito, che ha decisamente svoltato a sinistra con la nuova leadership di Andrea Nahles, senza dimenticare che l'Spd gode ancora di un forte sostegno in alcune aree della ex Ddr, dove numerosi sono i cittadini di origine russa.
Ieri, durante la riunione del comitato esecutivo dei socialisti tedeschi, Maas è stato oggetto di un vero e proprio "processo pubblico". Oggetto della riunione era propria la politica da adottare nei confronti di Mosca e già nei giorni precedenti alcuni esponenti di peso del partito, a partire dal segretario generale Lars Klingbeil, avevano criticato l'approccio di Maas, richiamando "l'altissima importanza delle buone relazioni tra Germania e Russia e rievocando proprio l'Ostpolitik dello storico leader Brandt. "Vogliamo il dialogo con la Russia, stiamo cercando il dialogo con la Russia e vogliamo che questo dialogo si rafforzi", ha dichiarato Klingbeil. C'è da scommettere che Angela Merkel sia d'accordo con lui.