La Casa Bianca ha eliminato la posizione di coordinatore della cybersicurezza, un ruolo nato pochi anni fa e che sembrava destinato a essere sempre più di rilievo, vista anche la quantità ed entità di cyberattacchi registratisi negli ultimi due anni negli Usa e altrove.
Ma dopo che la scorsa settimana il coordinatore in carica, Rob Joyce, aveva lasciato - come già preannunciato un mese fa - per tornare nella sua precedente agenzia, la Nsa, l’amministrazione Trump ha fatto sapere che non verrà sostituito. Quel posto è infatti saltato, con la giustificazione di migliorare l’efficienza, ridurre la burocrazia e aumentare la trasparenza, ha comunicato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale (National Security Council), l’organo che assiste il presidente americano su questioni di sicurezza.
La posizione di coordinatore cyber era stata istituita dall’amministrazione Obama con l’idea di armonizzare le politiche governative su sicurezza, difesa e guerriglia digitale. La decisione di eliminare il ruolo ha lasciato perplessi molti addetti ai lavori, oltre che vari politici.
Dietro la decisione ci sarebbe Bolton
“Non vedo come far fuori il più importante ruolo cyber nella Casa Bianca possa contribuire a proteggere meglio questo Paese da minacce digitali”, ha scritto in una serie di tweet il senatore democratico Mark Warner, ricordando anche le possibili minacce provenienti da Iran e Cina, oltre che dalla Russia.
Quante persone Trump ha cacciato dalla sua squadra
Secondo retroscena riportati dalla rivista Politico, dietro il taglio della funzione ci sarebbe John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, che già era riuscito nell’intento di far mandare via, lo scorso mese, il capo di Joyce, il consigliere per la sicurezza nazionale Tom Bossert, che supervisionava il suo lavoro sulla cyber.
La Casa Bianca sminuisce la minaccia
Secondo il Washington Post, Bolton non voleva poteri in competizione nell’apparato di sicurezza nazionale. E soprattutto, la decisione di eliminare il ruolo rientrerebbe in una serie di passaggi dell’amministrazione Trump che sembrano sminuire l’importanza della questione cybersicurezza.
Tra questi, il fatto che la Casa Bianca non abbia ancora presentato un piano coerente per proteggere il sistema elettorale in tempo per le elezioni di medio termine. Il ricordo degli attacchi informatici contro i democratici nel 2016, la campagna di disinformazione o propaganda sui social da parte russa, e la scoperta di violazioni nei sistemi elettorali di alcuni Stati (che però non avrebbero prodotto alcuna alterazione del voto) hanno generato un alto livello di allerta e preoccupazione a Washington.
Fine di un'accoppiata vincente
Bossert e Joyce erano una accoppiata piuttosto forte e orientata in modo aggressivo sulle questioni cyber. Il primo ha spinto per l’attribuzione del ransomware Wannacry - che nel maggio 2017 colpì innumerevoli Paesi mandando in tilt vari ospedali britannici - alla Corea del Nord. Del resto, “stare fermi non è più un’opzione”, aveva detto Bossert presentando l’ordine esecutivo sulla cybersicurezza firmato da Trump nel maggio 2017 che chiedeva a tutte le agenzie federali di rivedere la propria sicurezza. Joyce dal suo canto proveniva dalla Nsa dove aveva gestito l’unità di hacker d’elite nota come TAO (Tailored Access Operations), dedicata ad infiltrarsi in reti e computer.
Secondo Wired, i due avrebbero contribuito a spingere per una presa di posizione più netta nei confronti delle operazioni cyber della Russia, culminata in alcuni provvedimenti e sanzioni presi lo scorso marzo dal dipartimento del Tesoro contro vari individui e organizzazioni russe (incluse la ormai famigerata fabbrica di troll, Internet Research Agency). Non è chiaro dunque come proseguirà la politica americana sulla cybersicurezza ora che i due sono usciti di scena e con loro lo stesso ruolo di coordinatore cyber.