Cambridge Analytica potrà anche chiudere i battenti, come comunicato qualche giorno fa, ma difficilmente riuscirà a tenere fuori la fila di persone che vorrebbero andare a fondo sulla vicenda che la riguarda. O a sfuggire a eventuali inchieste. Subito dopo l’annuncio da parte della società al centro dello scandalo dati Facebook di voler terminare le proprie attività, le autorità britanniche hanno infatti assicurato di andare avanti con la loro indagine.
Mercoledì era infatti emerso che Cambridge Analytica e la sua casa madre, SCL Group, avrebbero avviato la procedura per bancarotta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, a causa della bufera mediatica e del danno di immagine causato dalle rivelazioni sui dati di 87 milioni di profili Facebook ottenuti a partire dai quiz del ricercatore di Cambridge, Aleksandr Kogan.
L’indagine dell’ICO e del parlamento
Ma il commissario all’informazione britannico (ICO - Information Commissioner’s Office) ha fatto sapere che lo smantellamento delle due società non fermerà le investigazioni sulle loro pratiche. “L’ICO continuerà le sue indagini in ambito civile e criminale, e cercherà di perseguire individui e direttori in modo appropriato e necessario anche qualora le aziende non siano più operative”, ha dichiarato il commissario. “Controlleremo attentamente anche qualsiasi società successiva attraverso i nostri poteri di ispezione per assicurare la protezione dei cittadini”.
Anche Damian Collins, presidente della commissione parlamentare britannica che sta indagando sullo scandalo dei dati Facebook, ha twittato: “Non si può permettere che Cambridge Analytica e SCL Group cancellino i loro dati chiudendo i battenti. Le indagini sul loro lavoro sono vitali”.
Il ruolo di Emerdata
Dichiarazioni che esprimono anche due diverse preoccupazioni. La prima è che Cambridge Analytica si ricicli in realtà in un’altra entità. Sotto la lente è finita Emerdata, misteriosa società britannica nata ufficialmente nell’agosto 2017, e rimasta dormiente e inattiva fino all’inizio del 2018. In particolare il 16 marzo, quando la questione dati Facebook era già sui media, Rebekah e Jennifer Mercer, le due figlie di Robert Mercer, il miliardario sostenitore di Trump e finanziatore di Cambridge Analytica, sono entrate nella società. Ma già all’inizio dell’anno qualcosa aveva iniziato a muoversi a livello di composizione del board e dei direttori. Tra questi figurava Alexander Nix, l’ex Ceo di Cambridge Analytica sospeso dopo il servizio televisivo di Channel 4 in cui l’ad tra le altre cose illustrava i metodi non ortodossi di campagna elettorale dell’azienda (leggi “Invio di ragazze a concorrenti”). Nix era diventato direttore di Emerdata nel gennaio 2018 (ma a fine marzo, dopo le dimissioni da Cambridge Analytica, si è dimesso pure da qua).
Mentre risulta ancora direttore di Emerdata Alexander Tayler, che è stato Ceo di Cambridge Analytica dopo le dimissioni di Nix (fino all’11 aprile). Direttore anche Julian Wheatland, che era presidente di SCL Group. E ancora interessante la presenza in Emerdata di Johnson Chun Shun Ko, vicepresidente di Frontier Services Group, una società di sicurezza privata che opera in Africa e il cui presidente è Erik Prince, sostenitore di Trump e fondatore della società di mercenari Blackwater (poi rinominata Xe Services).
Emerdata (che condivide l’indirizzo presso una società di consulenza di Londra con SCL Group), dovrebbe occuparsi di “trattamento dei dati” e attività collegate, in base ai documenti. E, secondo ex dipendenti di Cambridge Analytica e SCL Group sentiti dal New York Times, potrebbe essere usata come un veicolo per far rinascere le due società sotto un nuovo brand. Si capisce quindi il riferimento alle società “successive” da parte delle autorità britanniche.
L’interrogativo sui dati
L’altra preoccupazione riguarda invece i dati ancora in possesso di Cambridge Analytica. Cosa succederà ora? In teoria il suo curatore fallimentare (la società Crowe Clark Whitehill LLP) dovrebbe vendere gli asset aziendali, inclusi dati utili, e cancellare il resto, riferisce Wired UK. Ma questo in una situazione normale. Sull’azienda infatti pende l’indagine dell’ICO (e delle autorità di controllo di altri Paesi europei), la quale ha ordinato all’azienda di conservare tutti i dati (e certo non di venderli ad altri).
Anche se Cambridge Analytica, nel suo comunicato di addio, in cui riferisce della chiusura delle attività, ribadisce di non aver violato alcuna legge, ma di essere stata oggetto di “accuse infondate”, di essere stata “denigrata per attività non solo legali, ma anche ampiamente accettate come elemento standard della pubblicità online sia nel campo politico che commerciale”.