Al palazzo di Vetro, l'ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, il rischio di una "guerra" tra la Russia e gli Usa è reale. Mosca ritiene "assolutamente necessario" evitare un'escalation e ha aperto un canale di comunicazione con Washington per cercare di abbassare la tensione. Il ministero della Difesa russo ha chiesto al Pentagono di conoscere in anticipo le coordinate di un eventuale attacco missilistico e la Marina di Mosca ha limitato la navigazione nell'area vicino alla costa della Siria.
Undici navi russe hanno lasciato la base porto di Tartus e gli aerei da ricognizione dell'Aeronautica Usa continuano a sorvolare l'area. Mosca ha detto a più riprese che un attacco contro le sue navi avrebbe "conseguenze catastrofiche".
Il giorno dopo quello in cui aveva allertato di un attacco imminente, Donald Trump ha allentato i toni bellicosi e prende tempo: in un tweet di buon mattino e poi più tardi alla Casa Bianca, è stato più vago sui tempi di un attacco contro il regime di Bashar al-Assad per il presunto bombardamento con armi chimiche a Duma, il 30 marzo.
Never said when an attack on Syria would take place. Could be very soon or not so soon at all! In any event, the United States, under my Administration, has done a great job of ridding the region of ISIS. Where is our “Thank you America?”
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 12 aprile 2018
Anche il capo del Pentagono, Jim Mattis, ha voluto calmare le acque e allertato, dinanzi al Congresso, dei rischi che potrebbero derivare da "un'escalation fuori controllo" nel polverone mediorientale. "Una delle mie maggiori preoccupazioni -ha aggiunto- è evitarlo". Una decisione non è stata ancora presa anche se - ha assicurato Trump - arriverà comunque "abbastanza presto".
Secondo l'emittente americana Nbc, che cita fonti dell'amministrazione, gli Usa hanno le prove che il regime siriano abbia usato armi chimiche a Duma: sono i campioni di sangue e urine dalle vittime dell'attacco, che mostrano tracce di cloro e di un agente nervino. Tutti questi elementi saranno presentati al presidente Usa, che in queste ore riceve alla Casa Bianca gli uomini della Sicurezza Nazionale e del Pentagono per decidere la risposta statunitense alla situazione in Siria. Del resto anche la Francia ha detto di avere "le prove" che il presidente siriano, Bashar al-Assad, abbia usato armi chimiche.
Ma il capo dell'Eliseo, Emmanuel Macron, ha anche lasciato intendere che i raid non sono imminenti: ha detto che una decisione sarà presa "a tempo debito, quando giudicheremo ciò più utile ed efficace: la Francia -ha aggiunto- non consentirà alcuna escalation che porti a destabilizzare la regione".
Quanto alla Gran Bretagna, il governo di Theresa May - che si eè riunito per due ore, a Downing Street - ritiene "molto probabile" l'attacco con armi chimiche e ha detto che "è necessario prendere misure" contro chi usa le armi chimiche.
Si è sfilata invece la Germania e anche l'Italia ha detto che non parteciperà ad azioni militari: il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha anche parlato al telefono con il cancelliere, Angela Merkel.
A Ghouta, l'enclave ribelle che ha resistito per anni alle bombe del regime, sventolano le bandiere siriane, segno che anche gli ultimi ribelli hanno lasciato l'enclave alle porte di Damasco, gli esperti dell'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche sono in viaggio verso la Siria, ma non cominceranno a lavorare prima di sabato: il team è diretto proprio a Duma per capire cosa sia successo e indagare sulla morte di decine di civili, tra i quali, molti bambini, nell'attacco del fine settimana.
Come riflesso dell'approccio più cauto di Trump sul dossier siriano, Wall Street ha terminato le contrattazioni in rialzo.