Nel giro di poche ore il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha prima annunciato un accordo con l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu (Unhcr) per il ricollocamento di oltre 16.000 richiedenti asilo africani verso Paesi occidentali, e poi lo ha sospeso dopo le tante polemiche in patria e all'estero. "Ho deciso di sospendere l'applicazione di questo accordo e di ripensarne i termini", ha dichiarato Netanyahu sulla sua pagina Facebook.
Il passo indietro di Netanyahu è stato dettato dal malcontento degli abitanti dei quartieri sud di Tel Aviv in cui si concentrano gran parte dei migranti africani, che contestavano l'impegno assunto da Israele a ospitare per almeno altri cinque anni 16.000 eritrei e sudanesi, lo stesso numero di quelli trasferiti. "Sono attento alle critiche e incontrerò i vostri rappresentanti domani mattina", ha spiegato in un messaggio agli abitanti della zona.
L'accordo con l'Unhcr prevedeva che le autorità israeliane mettessero a punto dei "programmi per incoraggiare i richiedenti asilo eritrei e sudanesi a spostarsi dai quartieri meridionali di Tel Aviv".
A pesare sulla decisione sono state anche le critiche di diversi ministri che non erano stati informati preventivamente da Netanyahu. Ma non è escluso che abbiano inciso anche i distinguo di Italia e Germania, Paesi citati da Netanyahu come possibili destinazioni per i migranti, ma che hanno subito fatto sapere di non aver ancora raggiunto alcun accordo con l'Unhcr e Israele.
L'intesa doveva essere attuata nell'arco di cinque anni e avrebbe dovuto permettere di superare il contestatissimo piano per la deportazione di decine di migliaia di eritrei e sudanesi in Ruanda e Uganda, dopo che questi ultimi due Paesi si sono tirati indietro. Il governo Netanyahu considera questi richiedenti asilo eritrei e sudanesi dei migranti economici e aveva offerto loro 3.500 dollari e un biglietto aereo per il Paese d'origine o Ruanda e Uganda. Chi avesse rifiutato, avrebbe rischiato di essere detenuto a tempo indeterminato.
I migranti africani hanno cominciato ad arrivare in Israele dalla frontiera lungo il Sinai dal 2005, quando l'Egitto represse le proteste di eritrei e sudanesi. Dal 2012 la costruzione di un muro lungo il confine ha ridotto gli ingressi a poche decine all'anno.
Il piano di rimpatri aveva suscitato l'indignazione delle Ong per i diritti umani e proteste in Israele. Intellettuali come Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman si erano opposti, piloti dell'El Al avevano fatto sapere che non avrebbero trasportato i migranti in Africa e l'opposizione aveva parlato di scelta "immorale", una macchia sull'immagine di Israele come terra di accoglienza per gli immigrati ebrei fin dalla sua nascita.