Nella clamorosa inchiesta del New York Times e del Guardian che ha rivelato come i profili Facebook di 50 milioni di elettori americani siano stati sistematicamente violati a fini di manipolare le elezioni, si inizia a notare una sottile linea rossa, anzi una matassa di fili, che sembrano condurre dalla società Cambridge Analytica alla Russia. E quindi dal gruppo di persone che sono state il motore della vittoriose campagne elettorali per la Brexit nel Regno Unito e di Donald Trump negli Stati Uniti, fino a uomini d’affari e politici in qualche modo vicini al presidente Vladimir Putin.
Si tratta di una ipotesi investigativa che il procuratore speciale degli Stati Uniti Robert Muller, che indaga sul presunto Russiagate, deve aver preso molto sul serio da tempo visto che lo scorso dicembre, dopo aver ascoltato il numero uno di Cambridge Analytica Alexander Nix (una misteriosa audizione, che si è svolta il 14 dicembre via Skype e di cui non sono stati resi noti i contenuti), ha chiesto che gli venissero consegnate tutte le email e le comunicazioni dei dipendenti di CA relative alla campagna elettorale per la Casa Bianca del 2016 e alla Brexit.
Su questo tema, il rapporto con la Russia, il New York Times e il Guardian citano due circostanze da chiarire. La prima riguarda Lukeoil: è una delle maggiori compagnie di petrolio e gas del mondo, fondata nel 1991 dalla fusione di tre aziende energetiche siberiane, ha sede a Mosca. In almeno tre meeting fra il 2014 e il 2015 i dirigenti di Lukeoil avrebbero chiesto a Nix chiarimenti su come le tecniche di Cambridge Analytica, o meglio della società madre, la SLC, si potevano applicare al business del petrolio.
Ma secondo quanto riferiscono i due giornali, nelle slide preparate per gli incontri si vedono soprattutto immagini che dimostrerebbero gli effetti sugli elettori di notizie allarmanti o scoraggianti. Inoltre, sempre secondo le carte che hanno potuto studiare New York Times e Guardian, nei questionari che Cambridge Analytica somministrava nel 2014 c’erano molte domande, sulla popolarità di Putin e sulla politica espansionistica perseguita dalla Russia. Perché? Sia SLC che Lukoil hanno negato che gli incontri abbiano avuto natura politica. In particolare un dirigente di SLC ha sostenuto che l’oggetto degli incontri era “studiare un modo per rendere più appetibile una carta fedeltà alle pompe di benzina”.
Mentre l’amministratore delegato di Lukeoil Eurasia Petrol, Arash Repac, ha dichiarato che un meeting si è svolto in Turchia e che aveva come oggetto “una campagna promozionale per una squadra di calcio”. Infine, parlando davanti alla commissione d’inchiesta del parlamento britannico, il mese scorso lo stesso Nix ha dichiarato: “Non abbiamo mai lavorato in Russia e non abbiamo nessuna relazione con la Russia e con i russi”.
Una affermazione perlomeno troppo categorica alla luce dei tre meeeting. Anche perché secondo l’informatore dei due giornali Christopher Wylie (l’ex dipendente che ha svelato la manipolazione ei 50 milioni di profili Facebook), le cose sono andate diversamente. Wylie sostiene di aver partecipato ad uno dei tre meeting con Lukeoil: “I russi continuavano a fare domande su come mandare messaggi politici a determinati target in America. Io ero confuso e ricordo di aver chiesto ad Alexander (Nix): mi puoi spiegare cosa vogliono? A loro non importava nulla delle opportunità commerciali”.
La seconda circostanza da chiarire riguarda Aleksandr Kogan, il giovane matematico dell’università di Cambridge, che attraverso una sua società, avrebbe sviluppato una app per Facebook che ha consentito di profilare i circa 50 milioni di elettori americani senza il loro consenso, passando poi i dati a Cambridge Analytica (motivo per cui dal 16 marzo Kogan, Wylie e Cambridge Analytica sono stati banditi da Facebook). Kogan come è noto ha un profilo accademico eccellente, testimoniato da un curriculum di dieci pagine postato da lui stesso sul web.
Ma fra le tante collaborazioni, le pubblicazioni e i premi, ha omesso un particolare che adesso diventa rilevante: da qualche anno insegna anche all’università statale di San Pietroburgo e lì conduce ricerche sui social media con borse di studio russe. È probabilmente solo una coincidenza che a San Pietroburgo abbia sede la misteriosa Interner Research Agency, considerata una fabbrica di troll e fake news, cioè una centrale di disinformazione online attraverso i social media (quel che invece è stato acclarato e che l’IRA ha acquistato pubblicità su Facebook e Twitter per promuovere temi vicini a Donald Trump durante la campagna elettorale).
In proposito Kogan ha dichiarato: “Nulla di quello che ho fatto e faccio con i russi ha a che fare con i progetti di Cambridge Analytica e anzi, la collaborazione con San Pietroburgo, per quello che ricordo, è iniziata dopo che è finito il mio rapporto con CA”. Ma intanto è emerso che Kogan non è britannico: è nato in Moldavia – allora parte dell’Unione Sovietica - 31 anni fa ed è cresciuto a Mosca fino ai sette anni quando la famiglia si è trasferita a New York: ha preso la laurea in California prima di conseguire un master ad Hong Kong.
Oggi vive dalle parti di San Francisco dove è alla guida di una startup fondata nel 2015 Philometrics, che usa le tecniche dei big data per i sondaggi. Si è sposato a Singapore – la città natale della moglie, anch’essa ricercatrice a Cambridge - e da allora ha cambiato il suo cognome in Spectre (come la misteriosa organizzazione criminale combattuta nella saga di James Bond; ma lui dice di averlo scelto perché ama la luce). In realtà il suo vero nome è Aleksandr Borisovich Kogan: lo stesso del nonno a cui è intitolato il rinomato A. B. Kogan Istituto di Ricerca sulla Neurocibernetica dell’università di Rostov sul Don, nella Russia meridionale. Aleksandr Kogan “il vecchio” quell’istituto lo ha fondato nel 1971 e lo ha guidato fino al 1980.
Per questi motivi Adam Schiff, il democratico più influente nella Commissione Intelligence della Camera, ora chiede che Cambridge Analytiica venga “investigata a fondo” e sostiene che Facebook debba rispondere del fatto di aver consentito che le informazioni dei suoi utenti venissero gestite da un accademico con legami con la Russia”. Stavolta difficilmente Zuckerberg se la caverà con un post di scuse.
Infine, parlando di possibili legami fra Cambridge Analytica e la Russia a questo punto non si può non citare una vecchia storia che gira sul web e che sembra così folle da assomigliare ad una burla, o una fake news o qualcosa di simile. Eppure secondo i molti giornalisti che se ne sono occupati sembra vera. Si tratta di un post comparso su Facebook subito dopo l’elezione di Donald Trump. Il 12 novembre 2016. Sul profilo di un giovane russo molto intraprendente, Kostantin Kyrov, c’è la storia di come “Donald ed io abbiamo deciso di liberare l’America e farla di nuovo grande”.
Il post, scritto in cirillico, è diviso in due parti. Nella prima Kyrov scrive: “È l’ora di storie meravigliose. Vi dirò (perché ora posso farlo) di come Donald ed io abbiamo deciso di liberare l’America e farla di nuovo grande. Ci sono voluti 4 anni e due giorni. Tutto è iniziato nella notte fra il 6 e il 7 novembre 2012 (la notte in cui Obama è stato confermato alla Casa Bianca, ndr). Trump ha preso il suo aereo per volare da New York a DC (District of Columbia, dove sta la capitale americana Washington) invocando il mondo intero attraverso il suo profilo Twitter di iniziare a marciare su Washington. Senza esitare un momento gli ho scritto una risposta che in russo suonava come: “Sono pronto! Che devo fare?”. Improvvisamente ho ricevuto un messaggio privato e nel messaggio c’era una foto di Trump sorridente, seduto in una poltrona del suo aereo privato, mentre mi mostra il pollice della sua mano destra”.
Fine della prima parte. Due osservazioni: il tweet di Trump che invita tutti a marciare su Washington subito dopo la vittoria di Obama è vero, così come la foto sorridente sull’aereo privato, che però è la stessa postata qualche ora prima da Melania Trump su Instagram, il che non esclude che Trump possa averla usata per alcuni suoi followers ma non dimostra che lo abbia fatto. Fin qui siamo al gossip o poco più.
Ma la parte più interessante del messaggio di Kyrov è la seconda: “Quale era la nostra idea con Donald Trump? (nostra di chi?, ndr). Per quattro anni e due giorni era necessario entrare nella mente di ciascuno e impadronirsi di tutti i possibili strumenti di percezione di massa della realtà. Assicurare la vittoria di Donald all’elezione del presidente degli Stati Uniti. E quindi creare una alleanza politica fra Stati Uniti, Francia, Russai (e alcuni altri Stati) e stabilire un nuovo ordine mondiale. La nostra idea era folle ma realizzabile. Per capire tutto dall’inizio era necessario digitalizzare tutti i possibili tipi di persone. Donald decise di arruolare per questo compito lo speciale dipartimento scientifico dell’università di Cambridge. Gli scienziati britannici di Cambridge Analytica suggerirono di creare 5000 profili psicologici possibili di persone – e poi l’immagine perfetta del possibile elettore di Trump. E applicare questa immagine a tutti i profili psicologici e trovare una chiave universale per tutti e per ciascuno. Allora è stato necessario soltanto scaricare questi dati dal flusso di informazioni che stanno sui social network. E abbiamo iniziato a cercare quelli che avrebbero potuto farlo meglio. All’inizio di questa storia coraggiosa e romantica c’erano soltanto un paio di gruppi di hakcer, qualche gornalista di Wikileaks e lo stratega politico Mikhail Kovalev. Il pass successivo è stato realizzare un sistema per trasferire informazioni e azioni in modo che nessuna intelligence, nessuna NSA potesse distruggerlo”.
Questo testo postato sul profilo Facebook di Kyrov il 12 novembre 2016. Una burla? Una sparata? Il delirio di un pazzo? Kyrov è un personaggio molto noto nella Russia attuale. Ha 39 anni, è stato eletto deputato alla Duma nella precedente legislatura per il partito putiniano Russia Unita (nel 2007), ed è soprattutto un pioniere ed esperto di Internet. Quando si parla di web, ha scritto lo studioso Eugeny Morozov in un libro molto noto, “i leader russi seguono, Rikov indica la strada”. Curiosamente tra il 2015 e il 2016 ha gestito alcuni siti che sostenevano la candidatura di Trump tanto che in alcuni articoli di quel periodo intitolati “Putin ama Trump”, viene portato ad esempio. Ma a guardare meglio le sue esternazioni, c’è una certa coerenza: Kyrov ha sostenuto nel tempo l’indipendenza della Scozia, la Brexit del Regno Unito e il Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia.
A proposito di quest’ultima Kyrov è rimasto vittima di un episodio sgradevole quando l’organizzazione di hacker Anonymous ha pubblicato il testo di una conversazione che Rykov avrebbe avuto con il consigliere di Putin Timur Prokopenko, allora capo degli Affari Interni. Nello scambio di messaggi Kyrov fa presente che la Le Pen come d’accordo ha riconosciuto l’annessione della Crimea da parte della Russia e che è venuto il momento di ricompensarla. Qualche mese dopo il Fronte Nazionale riceverà un prestito di 9.46 milioni di euro dalla Banca Ceco-Russa di Mosca (FCRB). Dopo la pubblicazione del testo da parte di Anonymous, la Le Pen ha negato di conoscere Kyrov e ha detto che il prestito ottenuto non è in alcun modo legato al riconoscimento della Crimea. Impossibile dire se i due si conoscano: certo nel frattempo è emerso che Kyrov sarebbe il proprietario di una villa da due milioni di dollari in Costa Azzurra.
Ci sono altre storie interessanti su Kyrov che però ci portano lontano dalla questione di Cambridge Analytica. Su cui invece è opportuno tornare per capire quale partito italiano nel 2012 (o dal 2012) si è rivolto a Nix e ai suoi maghi dei big data per rilanciarsi.