È come se in Italia si votasse per abolire la Rai, privatizzarne le reti, cancellare il servizio pubblico. Il 4 marzo in Svizzera, mentre da noi si terranno le elezioni politiche, i cittadini saranno chiamati per votare l’abolizione del canone della Ssr (Società svizzera di radiotelevisione), che conta quattro televisioni, cinque stazioni radio nazionali e 34 locali, e un sito internet da 3 milioni di utenti al mese.
Cosa vogliono i promotori del referendum
141 mila firme nel 2015 hanno fatto mandato al voto il quesito referendario, promosso da diversi partiti di destra che contestano il ‘canone obbligatorio’. Il referendum ha un nome: “No Billag”. Billag, spiega Repubblica, è la società a cui la Ssr ha appaltato la riscossione del canone, che ammonta a circa 390 euro annui. ‘Il più alto d'Europa’ aveva detto al quotidiano romano un rappresentante della Lega dei Ticinesi, movimento schierato, apertamente, a favore la sua cancellazione.
“‘È, di fatto, una tassa nascosta perché chiunque è chiamato a pagarla, anche se non vuole fruire dei programmi Ssr", denuncia l'Udc, il principale partito svizzero, anch'esso di destra". I promotori spiegano che l'abolizione del canone libererebbe le tv svizzere dal giogo politico, permetterebbe alle famiglie di disporre di 390 euro in più all'anno e impedirebbe i lauti emolumenti dei personaggi televisivi chiamati a condurre trasmissioni popolari. I proventi del canone complessivamente sono ogni anno di circa 60 milioni, e sono il 70% dei bilanci della Ssr.
Cosa sostengono i contrari
“Il testo dell’iniziativa referendaria è chiarissimo”, aveva spiegato al Fattoquotidiano.it Maurizio Canetta, direttore di RSI, che ha spiegato che in caso di vittoria del referendum “il governo non avrebbe margine di manovra perché il quesito dice espressamente che la Confederazione non potrà più finanziare il servizio pubblico né chiedere il pagamento di un canone ai cittadini. Uno scenario che per noi è come un salto nel vuoto”.
Non è un aspetto di secondo piano. Il servizio pubblico in svizzera è piuttosto sentito proprio per la necessità di garantire un’informazione in lingue diverse: 4 lingue, tutte necessarie per gli svizzeri a rispettare le diverse identità regionali. “Per questo il nostro pubblico è molto specifico. Fattori difficili da mantenere per un investitore privato”. Il rischio, ha spiegato Canetta è di essere “invasi dalle tv private straniere, con la conseguente perdita delle minoranze linguistiche“.
I sondaggi e la riscoperta del servizio pubblico
I sondaggi al momento infatti danno i sostenitori dell’abolizione in svantaggio, e in calo. Erano circa il 40% a gennaio, ma sarebbero scesi al 33% in meno di due mesi, secondo le ultime rivelazioni.
Il motivo è la crescita di un fronte interno molto animato che in una campagna referendaria piuttosto animata chiedono che si eviti la ‘berlusconizzazione’ dell’offerta televisiva e radiofonica, con "una deriva all’americana".
Governo e parlamento si sono schierati a spada tratta contro la proposta: il canone è indispensabile per fornire un’offerta di qualità in un Paese diviso in quattro regioni linguistiche, hanno insistito durante la campagna. Insieme, la maggioranza dei partiti stanno combattendo duramente il testo. Voluto sull’onda della liberalizzazione del settore, ma che sta facendo riscoprire agli svizzeri l’importanza del servizio pubblico.