"L'avidità è giusta. L'avidità funziona. L'avidità, in tutte le sue forme - l'avidità per la vita, per il denaro, per l'amore, per la conoscenza - ha segnato il progresso del genere umano".
Sono parole pronunciate da Gordon Gekko, il cinico finanziere interpretato da Michael Douglas, in una celebre scena di 'Wall Street'. Scena che è stata trasmessa in aula dagli avvocati di Mountain View nella prima udienza nel processo, presso la Corte Federale di San Francisco, che vede tra gli imputati l'ex ad di Uber, Travis Kalanick e Anthony Levandowski, ex ingegnere di Alphabet, la holding che controlla Google, accusato di aver trafugato segreti industriali da Waymo, la divisione del colosso della Silicon Valley che da otto anni lavorava alle vetture senza conducente, per poi girarli alla piattaforma, che sulla base del brevetto rubato avrebbe avviato, lo scorso anno, il suo programma di sperimentazione in Arizona.
Dopo la lunga serie di controversie che lo costrinsero a dimettersi lo scorso giugno, Kalanick non ha un'immagine cristallina. E i legali di Waymo hanno buon gioco a dipingerlo come un'incarnazione del "villain" del film di Oliver Stone, un uomo per il quale "vincere era più importante che rispettare la legge", ha tuonato l'avvocato Charles Verhoeven. Per la difesa, la tesi è un'altra: è Alphabet che vuole rifarsi contro l'azienda rea di avergli strappato uno dei suoi ingegneri più talentuosi.
Secondo Google, ci sono "prove schiaccianti"
Nel gennaio 2016 Levandowski lasciò Waymo, che lavorava da quasi otto anni sulle vetture senza conducente, per fondare una sua startup, Otto, che puntava a sviluppare furgoni che si guidano da soli. Dopo appena sei mesi, Otto fu comprata da Uber per 680 milioni di dollari. Altri quattro mesi dopo, Uber avviò i suoi test su vetture senza conducente. Sulla base, accusa Google, delle tecnologie che Levandowski avrebbe scaricato dai computer di Waymo.
“Abbiamo scoperto che, sei settimane prima le sue dimissioni, questo ex dipendente aveva scaricato oltre 14 mila file altamente confidenziali da diversi sistemi hardware di Waymo”, si legge nel comunicato diffuso da Google lo scorso febbraio, quando depositò la denuncia, “ha scaricato 9,7 gigabyte di file riservati e segreti commerciali, inclusi progetti, file sul design e documenti sui test”. “Abbiamo lavorato con Uber in molte aree, quindi non abbiamo preso questa decisione alla leggera”, aggiunse la nota, “tuttavia, date le prove schiaccianti sul furto della nostra tecnologia, non abbiamo altra scelta se non difendere il nostro investimento e lo sviluppo di questa tecnologia unica”.
Un "furto calcolato" da mezzo miliardo di dollari
Secondo Google, non solo Levandowski avrebbe rubato i segreti industriali di Waymo per sviluppare una sua versione della tecnologia ma avrebbe assunto nella sua startup altri ex dipendenti di Waymo che avevano, a loro volta, prelevato altri file dal sistema dell’azienda. Un “furto calcolato” che avrebbe fruttato a Otto mezzo miliardo di dollari. Google avrebbe scoperto la presunta ruberia grazie alla mail di un cliente, che aveva spedito alla società un documento sulla tecnologia a laser utilizzata da Uber per calcolare la distanza dagli oggetti sul cammino delle auto, convinto che si trattasse di materiale relativo alla tecnologia LiDAR utilizzata da Waymo. “Il suo design somigliava in maniera clamorosa al design unico di LiDAR”, sottolineò l’azienda. “Prendiamo sul serio le accuse rivolte contro i dipendenti di Otto e Uber e approfondiremo la questione con cura”, fu la scarna replica di Uber, che al momento non stava passando un momento roseo, tra il linciaggio via Twitter di Kalanick reo di aver fatto parte del consiglio economico di Donald Trump, le accuse di molestie sessuali di alcune dipendenti nei confronti dei manager e le proteste dei tassisti in Francia e in Italia.
"Voglio una libbra di carne"
Mentre le immagini di 'Wall Street' venivano trasmesse nell'aula, Kalanick si contorceva nervoso al suo posto, con il padre Donald a suo fianco. Il manager sembra perdere, o dissimulare, l'arroganza e la risolutezza che lo hanno sempre contraddistinto. Occhi bassi, atteggiamento umile, in mano, a mo' di coperta di Linus, una bottiglia d'acqua centellinata a piccoli sorsi. Quel video gli era stato inviato da Levandowski nel marzo 2016 con il messaggio "questo è il discorso che devi tenere". E, come chiosa, un emoticon che fa l'occhiolino. Un messaggio inserito insieme a numerose mail e memo interni nel dossier in mano all'accusa. Tra i quali un appunto nel quale, in riferimento a quel che voleva da Levandowski, Kalanick aveva scritto "una libbra di carne", tirando in ballo un'altra icona universale dell'avarizia, l'usuraio Shylock del "Mercante di Venezia" di Shakespeare. Da un documento riservato di un altro manager di Uber emerge poi che l'ex ad avrebbe dichiarato di voler utilizzare "cheat codes" (espressione che nel gergo dei videogame indica combinazioni di tasti in grado di far salire un giocatore di livello a svantaggio degli altri) contro i concorrenti per poi affermare: "I tempi dorati sono finiti, ora è il momento della guerra".
Rispondendo alle domande di Verhoeven, Kalanick ha ammesso di aver incontrato Levandowski nel 2015, ovvero quando ancora lavorava per Google, e di aver discusso con lui l'acquisizione di Otto. Affermazione sospetta, dato che la startup allora nemmeno esisteva. "Volevo assumere Anthony e lui voleva fondare la compagnia, quindi ho cercato di creare una situazione nella quale lui avrebbe potuto avviare l'azienda e io avrei potuto assumerlo", ha spiegato Kalanick, ammettendo che la tecnologia LiDAR dava ad Alphabet un vantaggio competitivo che Uber mai avrebbe potuto colmare, se non reclutando Levandowski. Per ascoltare la versione dell'ingegnere infedele, bisognerà attendere un'altra udienza.