Tutto pronto a Roma per accogliere il presidente turco Erdogan che arriverà in Italia stasera e lunedi incontrerà il Papa, il capo dello Stato e il presidente del Consiglio. La capitale sarà blindata e militarizzata con 3.500 agenti impiegati per garantire la massima sicurezza ed evitare ogni manifestazione di dissenso. Tra le misure decise nei giorni scorsi dal questore di Roma Guido Marino c'e' quella di aver predisposto un'ampia area, denominata 'green zone' dove saranno vietate manifestazioni pubbliche nelle prossime 48 ore. Il questore ha richiesto "massimo rigore" ed "allerta operativa" ad ogni singolo dirigente ed operatore di polizia. Il corteo presidenziale viaggerà su corridoi pre-individuati, ciascuno dei quali avrà varie alternative, in largo anticipo bonificati e sorvegliati dalle forze dell'ordine anche attraverso i sistemi di video sorveglianza cittadina o appositamente dedicati alla Polizia Scientifica.
Il blitz italiano del presidente turco non piace alla Rete Kurdistan che ha promosso una campagna il cui hashtag è #ErdoganNotWelcome. "Invitiamo la Roma democratica - si legge in un appello - a partecipare al sit in e ricordare con scritte e striscioni, dovunque sembri opportuno, che Erdogan non è il benvenuto": l'appuntamento di lunedì 5 febbraio dalle 11 alle 14 ai Giardini di Castel Sant'Angelo (lato via Triboniano) resta confermato ma il piano messo a punto dalla questura prevede misure di sicurezza estremamente severe e un'estesa "green zone" in cui le manifestazioni pubbliche - domenica e, appunto, lunedì - saranno rigorosamente off limits.
Le tappe della trasferta romana
Lunedì Erdogan incontrerà papa Francesco e il cardinale Pietro Parolin, scrive Il Corriere della Sera, poi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e, in serata, alcuni amministratori delegati di aziende italiane. Il tutto condito da una visita alla Basilica di San Pietro e gli immancabili scatti fotografici.
"A meno di un ripensamento in extremis - scrive il Corriere - non è prevista alcuna conferenza stampa né in Vaticano né a Palazzo Chigi. E questo nonostante si moltiplichino le lettere e i sit-in da parte della società civile e degli attivisti umanitari perché venga posta la questione della libertà di stampa e dell’indipendenza giudiziaria in Turchia. Probabilmente l’entourage del presidente non vuole che si ripeta un incidente simile a quello del 5 gennaio a Parigi quando, davanti a un imbarazzato Macron, Erdogan accusò un giornalista di «parlare come un membro di Feto (il movimento che fa capo al predicatore islamico Fethullah Gülen ndr)». La conferma di questa strategia viene da Antonella Napoli, coordinatrice della campagna No bavaglio turco e prima firmataria della lettera-appello che pubblichiamo qui a fianco, che ha provato, invano, ad ottenere un incontro con qualcuno della delegazione per consegnare una petizione (che ha raccolto 25 mila firme in Italia) in cui si chiede la liberazione dei giornalisti ingiustamente incarcerati in Turchia: «Ho chiamato il capo ufficio stampa di Erdogan, Lutfullah Gotkas, e lui mi ha risposto che il programma era talmente intenso da non avere nemmeno cinque minuti da dedicarci. Mi sembra che l’intento sia quello di far fare ad Erdogan una passerella istituzionale. Ci auguriamo che non si avalli questa impostazione»".
Cosa ha detto il presidente turco alla Stampa
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan conferma che il riconoscimento statunitense di Gerusalemme come capitale di Israele sarà il tema dominante dei colloqui domani con Papa Francesco e, alla vigilia dello storico incontro in Vaticano, ringrazia il Pontefice per i suoi sforzi per proteggere lo 'status quo' nella Citta' santa. "Dopo la dichiarazione di Trump, contraria alla legge internazionale, ci siamo parlati. Voglio ringraziarlo per quella nostra telefonata su Gerusalemme, in seguito alla quale Papa Francesco non ha perso tempo e ha diffuso a tutto il mondo cristiano un giusto messaggio", ha detto Erdogan in una lunga intervista a La Stampa.
"Gerusalemme - aggiunge- non è una questione solo dei musulmani. Entrambi siamo per la difesa dello status quo e abbiamo la volontà di tutelarlo. Nessuna nazione ha il diritto di adottare passi unilaterali e ignorare la legge internazionale su una questione che interessa miliardi di persone. Per questo l'Assemblea Generale dell'Onu il 21 dicembre 2017 ha definito illegale la decisione Usa. Sono felice che anche l'Italia l'abbia votata. Come si è visto, a fianco della grandissima America c'erano solo Israele e cinque o sei piccoli Paesi".
Secondo Erdogan, "lo status della città deve essere preservato, sulla base delle risoluzioni Onu, assicurando a musulmani, cristiani ed ebrei di vivere in pace, fianco a fianco. La comunità internazionale deve assumersi la responsabilità di assicurare la pace a Gerusalemme". "Mantenere lo status, assicurare i luoghi santi di tutte e tre le religioni e riconoscere i diritti del popolo palestinese è di assoluta importanza. È fondamentale che il Papa, come anche le diverse comunità cristiane a Gerusalemme, mandino messaggi in tal senso".
Sui rapporti tra Turchia e Italia
"Dobbiamo migliorare le nostre relazioni bilaterali con l’Italia. L’ex presidente Berlusconi è un caro amico e con lui avevamo avviato un’ottima collaborazione, posso dire che le relazioni tra i nostri due Paesi durante il suo mandato sono state molto vivaci e positive. Dobbiamo ritrovare quel clima. Avevamo fatto un accordo importantissimo, ad esempio, per gli elicotteri “Attack Agusta Westland”. E vogliamo sviluppare ancora quel genere di cooperazione. Dopo Papa Francesco incontrerò il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il primo ministro Paolo Gentiloni, per cui ho grandissima stima. Farò inoltre un incontro con gli imprenditori, che mi auguro sia proficuo. L’Italia è il nostro terzo partner commerciale ma il potenziale è maggiore. Siete undicesimi per numero di aziende presenti - circa 1400 - e vogliamo aumentarle. I ponti Osmangazi e Yavuz Sultan Selim sono stati costruiti con partner italiani. Sono convinto che le aziende dei due Paesi potranno firmare grandi accordi grazie all’accordo del 2017".
Sulla situazione in Libia
"La Turchia sostiene con vigore l’integrità del territorio libico e la sua unione politica. Incoraggiamo il desiderio di dialogo espresso sin dal 2014 dai nostri amici libici. Constatiamo gli sforzi sinceri di Ghassan Salamé, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia. Siamo a favore del processo portato avanti anche col sostegno del Rappresentante speciale, che punta alla riconciliazione regionale e nazionale, all’adozione di una nuova costituzione e infine, all’organizzazione delle elezioni". "L’Italia come la Turchia desidera pace e stabilità in Libia. Italia e Turchia hanno rilanciato le attività delle loro ambasciate a Tripoli. E anche questo è un segno dell’importanza che i nostri Paesi danno alla Libia. Più la presenza dei nostri due Paesi aumenterà in Libia più ci saranno opportunità di cooperazione. Il gruppo di lavoro congiunto, in fase di definizione, sulla Libia presto sarà operativo".