Qualcuno lo ricorderà come uno dei congressi più sofferti della lunga storia dei socialdemocratici tedeschi. Con un risultato fino all'ultimo minuto tutt'altro che scontato, 362 sì contro 279 no (e addirittura si sono dovuti ricontare i voti perché l'esito era incerto), la Spd ha votato a maggioranza per una ripresa delle trattative con la Cdu/Csu di Angela Merkel per una nuova edizione della Grosse Koalition. Salvo sorprese, già domani si vedranno i vertici dei partiti e si prevede che un nuovo governo sarà in piedi prima di Pasqua, preceduto da un contratto di coalizione che però prima dovrà essere sottoposto al referendum degli iscritti socialdemocratici.
Intanto, sono in molti oggi a tirare un sospiro di sollievo: il leader Martin Schulz ("la nostra repubblica e l'Europa ci stanno guardando"), ma anche la cancelliera, plausibilmente pure Emmanuel Macron all'Eliseo, e poco più di metà dei 642 delegati che a Bonn si sono scontrati non solo e non tanto su quello che sarà il futuro governo della Germania, ma soprattutto sul futuro e sull'identità a dir poco ammaccata della Spd, uscita dalle elezioni politiche del 24 settembre con il peggior risultato della propria storia dal dopoguerra ad oggi.
Le ragioni della fronda interna e le promesse di Schulz
Per la precisione, il congresso straordinario si è chiuso con 362 sì, pari al 56,4% dei voti, contro 279 no: al partito che fu di Brandt e di Schmidt si è offerto uno scontro durissimo, nonostante il tentativo di Schulz di offrire al "fronte del no" nuovi argomenti per poter ingoiare il sì a una nuova "Groko", che a detta della vasta opposizione interna condanna la Spd ad annientarsi definitivamente sotto il giogo di Frau Merkel abdicando sistematicamente alla propria identità in nome della "ragion di Stato". Con un discorso combattivo ma accolto senza eccessiva convinzione dalla platea, Schulz ha promesso che il partito strapperà al tavolo con Cdu/Csu ulteriori impegni sul fronte del diritto del lavoro, del welfare, della sanità e dell'immigrazione, pur difendendo quanto già raggiunto nel "pre-accordo" con Merkel & co raggiunto con fatica neanche dieci giorni fa.
"La Spd si farà sentire, sarà riconoscibile: sarà un governo dell'Spd", ha tuonato il leader del partito. Che ha comunque difeso quanto già raggiunto nell'intesa di 28 pagine che farà da base alla costruzione del "contratto di coalizione" del nuovo governo, a cominciare dalla promesso di una "svolta" nella politica europea della Repubblica federale. "Un nuovo inizio", lo ha chiamato Schulz: "Stiamo decidendo oggi che via prenderà la Germania e che via prenderà l'Europa".
D'altra parte, l'ex presidente dell'Europarlamento ha messo sull'avviso i compagni di partito: primo, un ulteriore ritorno alle urne "non sarebbe la strada giusta", per non dire che sarebbe un disastro annunciato, come suggeriscono tutti gli ultimi sondaggi. Secondo, se la Spd venisse meno alla sua responsabilità, sarebbe l'ultradestra nazionalista dell'Afd, attualmente terza forza politica del Paese, a trarne vantaggio. "Siamo noi socialdemocratici il bastione contro la destra estrema", ripete il leader, ben sapendo che l'argomento è decisamente sentito tra i 642 delegati riuniti a Bonn.
L'aspirante nuovo leader che paventa "dolori"
Tuttavia certo non è stata una passeggiata, per il fronte "pro-Groko". Sudori freddi sono scorsi quando la sala è venuta giù dagli applausi per il discorso del capo dei Jusos, l'associazione dei giovani socialdemocratici: Kevin Kuhnert, faccia da ragazzino, è in questo momento la star in ascesa del partito, e si è profilato come uno dei principali oppositori di una nuova Grosse Koalition. Ha ricordato che "oggi c'è una grave crisi di fiducia nel partito", ha battuto con forza su uno dei nervi più scoperti della Spd, quell'essersi completamente annacquati dentro il mondo merkeliano in tanti anni di coabitazione nel governo. "E invece - ha scandito - non governare non vuol dire la catastrofe, vuol dire che potremmo tornare ad essere dei giganti".
Alla fine, però, forse sono state le donne della Spd a far pendere la bilancia del congresso di Bonn a favore della ripresa delle trattative per la grande coalizione. Con un discorso più applaudito di quello di Schulz, Andrea Nahles, la combattiva capogruppo al Bundestag ed ex ministro del Lavoro, ha battuto il pugno sul tavolo affermando che "gli elettori ci prenderanno per matti se li facciamo tornare di nuovo alle urne". Idem la popolare governatrice della Renania Palatinato, Malu Dreyer: "Gente, dobbiamo avere un po' più consapevolezza di noi stessi". Certo, fa un effetto un po' spettrale quando i delegati hanno accolto quasi nel silenzio il risultato finale. Su questo potrebbe avere ragione il giovane Kuhnert: "Comunque vada a finire, saranno dolori per la Spd". Tra i primi a rallegrarsi per il via libera c'è stato il premier, Paolo Gentiloni, che lo ha definito "un passo avanti per il futuro dell'Europa".