Forse non finiremo tutti in un forno grande come la Terra, i ghiacciai non si scioglieranno e nemmeno la calotta polare, e gli oceani non ci sommergeranno: secondo uno studio pubblicato su 'Nature' non è assolutamente detto che il 2100 vedrà le temperature globali aumentate di cinque gradi centimetri.
Negli ultimi 25 anni l'Intergovernmental Panel on Climate Change, l'organo delle Nazioni Unite che si occupa dei cambiamenti climatici, ha calcolato che l'aumento medio delle temperature fosse compreso in una scala che va da 1,5 gradi centigradi a 4,5. Secondo i calcoli di Peter Cox, lo scienziato della Exeter University che ha guidato lo studio, non si dovrebbe andare oltre i 2,8. Quanto basta ad escludere non certo il caldo torrido alle latitudini europee, ma almeno gli scenari più catastrofici. Il nuovo calcolo si basa sull'assunto che gli interventi correttivi dell'uomo sull'emissione dei gas serra avrà un impatto superiore a quanto universalmente percepito, così come la tendenza ad adottare politiche più ecocompatibili.
"Il nostro studio", sintetizza Cox, "porta quasi ad escludere tassi di cambiamento climatico troppo bassi o troppo alti". Ad ogni modo sia Cox, sia la sua squadra, invitano a non abbassare la guardia. I risultati della ricerca, spiegano, non devono essere considerati come un invito a sottostimare il pericolo del surriscaldamento, dal momento che "assisteremo ancora ad altri tipi di impatto significativo sul clima da parte del rialzo delle temperature globali, se non dovessimo aumentare in modo sostanziale le nostre politiche per ridurre le emissioni di anidride carbonica".
Anche un semplice aumento dell'1,5 nelle temperature avrà le sue conseguenze, e non saranno conseguenze piacevoli: perturbazioni anomale, siccità inaspettate e tempeste distruttive. Con un aumento del 3,5 sarebbe a rischio la nostra stessa civiltà.