470 militari quando la missione sarà a regime, 120 nella prima fase. Questi i numeri, comunicati dal ministro della Difesa Roberta Pinotti alle commissioni congiunte Esteri e Difesa, del contingente italiano che verrà dispiegato in Niger. Una missione la cui preparazione ancora lo scorso maggio era stata smentita e che è stata approvata dal governo a fine dicembre, dopo la richiesta formulata il mese prima dal governo di Niamey. L'obiettivo dichiarato è arginare i flussi migratori diretti dall'Africa subsahariana verso la Libia, flussi che hanno in Niger uno snodo fondamentale. I nostri soldati si inseriscono però in un gioco ben più ampio, in un'area, quella del Sahel, dove la Francia, nel ruolo di ex potenza coloniale, esercita ancora una grande influenza e dove elevatissima è la presenza dei jihadisti. Anche per questo alcuni analisti hanno espresso perplessità nei confronti della missione, sostenendo che finirebbe per essere utile soprattutto a Parigi (che libererebbe così risorse da spostare su altri fronti) ed esporrebbe i militari italiani a enormi rischi.
Un favore a Parigi?
"L’intervento italiano sarà inquadrato nella più ampia operazione euro-africana varata al vertice di Celle Saint Claud dal presidente francese Emmanuel Macron ma che non ha ancora raggiunto i 423 milioni di euro di finanziamenti necessari", spiega sul Sole 24 Ore Gian Andrea Gaiani, direttore del portale specializzato Analisi Difesa, "la Ue ne stanzierà 50 come gli Usa e i 5 Paesi africani coinvolti (Mali, Burkina Faso, Mauritania, Niger e Ciad), 8 la Francia, 100 i sauditi e 30 gli Emirati arabi uniti che sostengono il contrasto ai jihadisti del Sahel sostenuti dal rivale Qatar. Grazie ai contingenti tedeschi, italiani, spagnoli e belgi, Parigi potrà alleggerire gli organici dell’operazione Barkhane che da quattro anni combatte i jihadisti nel Sahel. Macron potrà quindi ridurre l’impegno nazionale (4mila uomini con oltre 500 veicoli e più di 30 velivoli) pur mantenendo il comando delle operazioni nelle ex colonie francesi".
Combattere i trafficanti significa combattere i jihadisti
"L’operazione rischia quindi di vedere gli italiani relegati al ruolo di gregari o “ascari” di quella Francia che continua a essere il peggior rivale dell’Italia in Libia", sostiene Gaiani, il quale sottolinea che contrasto all'immigrazione clandestina e contrasto al terrorismo in Niger sono due facce della stessa medaglia, in quanto sono i jihadisti a gestire i traffici illegali.Il capo di Stato Maggiore, generale Claudio Graziano, ha spiegato che "non sarà una missione combat" e il nostro contingente (guidato - pare - dai parà della Folgore) avranno il compito di addestrare le forze armate locali. Numerose fonti sostengono però che ai nostri militari sarà assegnato il compito di pattugliare i 600 chilometri di confine tra Niger e Libia e che, quindi, è assai probabile vengano schierati nella base francese della Madama.
470 militari bastano?
"Lo schieramento in questa base comporterà elevati costi logistici poiché mezzi, rifornimenti, truppe e materiali dovranno giungere per via aerea", prosegue Gaiani, "inoltre pattugliare quest'area desertica significa effettuare operazioni di contrasto a jihadisti e trafficanti che non possono escludere azioni di combattimento. Anzi, la presenza di militari 'infedeli' sul suolo islamico rischia di attirare i jihadisti che potrebbero colpire le forze italiane con attentati, attacchi con razzi e mortai alla base Madama e con mine e ordigni stradali disseminati sulle piste battute dai veicoli italiani". "In questo contesto per assicurare le necessarie autonomie al contingente occorrerebbero una decina di elicotteri da attacco e trasporto, almeno un paio di aerei cargo, mortai, forze speciali, radar controfuoco e un ospedale da campo: cioè quasi un migliaio di militari con un costo della missione superiore ai 150 milioni annui". Non solo, secondo Gaiani il dispiegamento sarebbe inutile perché "non sarebbe difficile per i trafficanti aggirare il dispositivo italiano sconfinando in Algeria" e "per bloccare i flussi migratori illeciti sarebbe sufficiente consegnare alla Guardia costiera libica i migranti illegali soccorsi nel Mediterraneo per affidarne il rimpatrio alle agenzie dell’Onu".
Un test per la difesa europea?
Ancora più dura l'analisi proposta da Difesa Online, che parla senza mezzi termini di "trappola": "Il rischio di vedere il contingente italiano relegato ad un ruolo gregario, ma non per questo meno rischioso, è più che fondato, e proprio a favore ed a supporto di quella potenza – la Francia – che continua ad essere il peggior rivale italiano in Libia". E ancora: "lo schieramento di truppe sul campo aumenterà di certo anche i bersagli a disposizione delle forze jihadiste, alla luce anche del fatto che non è ancora chiaro quali e quanti Stati autorizzeranno l’impiego dei propri militari in azioni di combattimento. Se è vero che il Sahel costituirà un test per le capacità belliche della difesa europea, è però altrettanto vero che sarà inevitabile il manifestarsi di confronti di interessi ed egemonie". In un contesto nel quale "i francesi continueranno a giocare in casa e "la missione italiana indica una nostra nuova debolezza ed un successo francese". "Ha un significato esporsi per un alleato che nell’area ha interessi che, ancorché rilevanti, non gli hanno impedito di inerire negli affari italiani in Libia?", si domanda Difesa Online, "Quel che è certo è che l’Italia muoverà i suoi uomini ed i suoi mezzi per alleggerire compiti e responsabilità di chi, in quell’area, contribuendo di proposito alla sua destabilizzazione, ha intaccato i nostri interessi nazionali continuando a considerarci competitors di rango inferiore".