Sette anni dopo la rivoluzione, i cittadini della Tunisia tornano di nuovo in strada per reclamare ciò che con la primavera araba non sono riusciti a ottenere: giustizia sociale e migliori condizioni economiche.
Sono questi i due cardini che hanno innescato gli scontri negli ultimi cinque giorni. E per risposta il Governo ha schierato l'esercito: a oggi il bilancio è di 778 arresti, centinaia di feriti (una cinquantina tra le forze di polizia) e un morto per intossicazione da lacrimogeni.
Sono diversi i numeri che indicano la fragilità economica della Tunisia, costringendo la popolazione a condizioni di vita non più sostenibili. A esasperare inoltre gli animi sono le nuove politiche finanziarie messe in campo per il 2018 che prevedono un pesante aumento di prezzi, dettato dall'aumento dell'Iva, e l'introduzione di nuove tasse. Nell'ultimo anno il Pil è cresciuto meno dell'1 per cento, la disoccupazione è schizzata invece al 15 per cento (anche se secondo chi protesta la percentuale è almeno il doppio).
I disoccupati sono oltre 600 mila, di cui più di un terzo in possesso di diploma di istruzione superiore. Le conquiste democratiche, avviate dopo la fuga dell'ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, il 14 gennaio 2011, non sono state accompagnate da una crescita economica in cui tutti speravano. Secondo l'ex ministro dell'Economia, Houcine Dimassi, "tutti i numeri indicano un netto peggioramento della situazione economica rispetto al 2010-2011", quando Tunisi registrava un aumento del Pil tra il 4 e il 5 per cento. Impressioni che vengono confermate anche dal ceto medio: "All'epoca di Ben Ali, cosa che non ci piaceva, riempivo il mio carrello di verdura, frutta e altri oggetti con 10 dinari (3 euro), e ora 50 dinari (15 euro) non basta. La situazione è peggiorata drammaticamente", ha raccontato al Guardian Fatma, una commerciante ambulante di Tunisi.
Lei è convinta che "il governo sta sacrificando i poveri e la classe media aumentando i prezzi e ignorando gli evasori fiscali e gli uomini d'affari". Gli attentati terroristici che nel 2015 hanno preso di mira in particolare i turisti hanno danneggiato pesantemente l'importante settore economico. Secondo gli analisti, riporta sempre il Guardian, il premier Youssef Chahed potrebbe modificare alcune delle sue riforme: la pressione dei sindacati ha già portato a un accordo per aumentare gli stipendi del settore pubblico ed evitare i licenziamenti.
Il premier, da parte sua, continua a chiedere sacrifici "necessari": "Le persone devono capire che la situazione è eccezionale e il loro Paese sta vivendo delle difficoltà, ma crediamo che il 2018 sarà l'ultimo anno difficile per i tunisini", ha dichiarato in una trasmissione radio dopo la prima notte di proteste. Riguardo all'aumento dei prezzi, il primo ministro esorta i tunisini a "comprendere che i sacrifici devono essere fatti perché il periodo è difficile e tutti i Paesi hanno già fatto sacrifici".