Quattordicimila contagi, quattromila morti, gli aiuti spariti. Una vera e propria fortuna: 15 milioni di dollari, un terzo di quanto devoluto dalla comunità internazionale in favore della Sierra Leone colpita da una terribile epidemia di Ebola. Era il marzo 2014, ma lo scandalo ha stentato ad emergere. Ora, però, alcuni dei sopravvissuti hanno citato in giudizio il governo dello stato africano. Se quei soldi non fossero spariti chissà dove, denunciano, molte vite sarebbero state risparmiate sia tra la popolazione, sia tra il personale medico e paramedico. Uomini e donne specializzate e coraggiose che avrebbero potuto salvarsi e salvare gli altri.
Invece morirono in 250. Quando gli aiuti presero ad affluire, il governo se ne assunse la amministrazione e promise sostegno a chi fosse stato contagiato dal morbo: aiuti finanziari alle singole persone fino a 5.000 dollari e assistenza sanitaria gratis a vita. Niente di tutto questo è accaduto.
Raccontano semmai i testimoni che chi veniva portato negli ospedali si vedeva privato dei vestiti, che venivano bruciati per evitare la propagazione dell'epidemia. "Non vi preoccupate, ne avrete di nuovi", veniva detto. Invece niente. Come anche per le altre promesse mancate riguardo l'assistenza psicologica e il sostegno finanziario. "Per questo i nostri amici e i nostri parenti continuano a morire ancora adesso, perchè non hanno avuto e continuano a non avere le cure necessarie", accusano dalla associazione che riunisce i sopravvissuti, e dalla quale proviene anche l'azione legale.
La procura generale della Sierra Leone promette che sarà fatta giustizia. "Ci sono state delle enormi falle nella gestione dei fondi", riconosce Lara Taylor-Pearce, giudice della corte dei conti, "questa iniziativa serve anche ad inviare un messaggio: i responsabili dovranno essere chiamati a restituire tutto il denaro". Il problema è anche questo, però: chi sono i responsabili? Perchè pare che non si tratti solo dell'ennesimo caso di burocrazia corrotta di un paese africano.
A novembre, infatti, è arrivata la prima ammissione di colpa, ed è stato scioccante. La Croce Rossa Internazionale ha dichiarato che milioni di quei dollari che avrebbero dovuto salvare vite e preservare il futuro i migliaia di persone erano invece finiti nelle tasche dei loro funzionari e dipendenti. Vale a dire: proprio di coloro che erano stati chiamati ad intervenire. La rivelazione era giunta alla fine di una lunga e dolorosa inchiesta interna, nel corso della quale erano emerse storie di ripetute truffe e appropriazioni indebite. Nella relazione finale l'organizzazione si diceva "indignata" per quanto era successo, ma si era guardata bene dal fare delle scuse formali, anche perchè - si era messo in evidenza - il tutto era avvenuto con la complicità delle autorità locali.
Le cifre comunque erano da autentico scandalo: 2,1 milioni di dollari erano spariti in questo modo dalla Sierra Leone, oltre un milione dalla Guinea e 2,6 dalla Liberia, anch'esse colpite dall'epidemia. Resta un dubbio: i soldi spariti per le storture nel comportamento dei funzionari della Croce Rossa sono poco più di due milioni. I conti fatti dai sopravvissuti parlano di 11 milioni. Ce ne sono ancora nove milioni da scovare.