Il presidente americano Donald Trump ha informato il presidente palestinese Abu Mazen della "Sua intenzione di trasferire l'ambasciata degli Stati Uniti" da Tel Aviv a Gerusalemme. Lo ha riferito la presidenza palestinese dopo il colloquio telefonico avvenuto tra i due leader.
Durante lo scambio telefonico, Abu Mazen ha avvertito Trump, che non ha fornito una data sullo spostamento della rappresentanza diplomatica, delle "pericolose conseguenze di una decisione del genere sul processo di pace, la sicurezza e la stabilita' nella regione e nel mondo", si legge in una nota.
È Gerusalemme infatti la madre delle questioni politiche in Medio Oriente. Dal suo status dipende non solo il futuro dei negoziati tra Israele e palestinesi ma anche il già precario equilibrio dell'area. Con gli Stati della Lega araba che già oggi si sono riuniti per lanciare l'allarme e convincere Washington a non lanciarsi in una "pericolosa iniziativa". Riconoscerla ufficialmente come capitale di Israele di fatto risulterà un torto inammissibile non solo per i palestinesi, ma per la comunità islamica globale già pronta a scendere in piazza.
I capi di Stato della Lega araba, durante la sessione straordinaria tenuta oggi al Cairo proprio per discutere la delicata questione, hanno rimarcato la "pericolosità" di una simile decisione che "minaccia la stabilità" di tutto il Medio Oriente. E, nel frattempo, le forze di sicurezza israeliane sono in allerta davanti al rischio di una rivolta palestinese dopo che Hamas ha minacciato una nuova intifada. Duro l'avvertimento lanciato a Trump dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha anche minacciato di tagliare le proprie relazioni diplomatiche con lo stato ebraico. Lo status di Gerusalemme, ha detto, è la "linea rossa per i musulmani".
Per la Casa Bianca, Trump ha solo rinviato la decisione attesa: "Il presidente è stato chiaro su questa materia, non è una questione di se ma di quando", ha assicurato un portavoce. Per oggi era atteso l'annuncio sulla firma o meno da parte di Trump del 'Presidential Waiver', un documento che prevede la rinuncia (temporanea) al trasferimento della sede diplomatica Usa a Gerusalemme per almeno 6 mesi, come hanno fatto tutti i suoi predecessori da oltre 20 anni.
"Sul 'waiver' oggi non sarà fatto nulla", ha spiegato il portavoce ai cronisti a bordo dell'Air Force One di ritorno con il presidente da Salt Lake City. "Annunceremo una decisione nei prossimi giorni", ha aggiunto. A Bruxelles, dove si sono incontrati a margine del vertice Nato, pressing sul segretario di Stato Usa Rex Tillerson dell'Alto rappresentante Federica Mogherini, che ha ribadito l'importanza della soluzione dei 2 Stati. "Attraverso i negoziati deve essere trovata una strada per risolvere lo status di Gerusalemme come futura capitale dei due Stati", così "possono essere soddisfatte le aspirazioni di entrambe le parti", ha sottolineato.
Sulla questione si è fatto avanti anche il presidente francese Emmanuel Macron che nella notte ha chiamato Trump per esprimere "la propria preoccupazione" e sottolineare che "la questione dello status di Gerusalemme dovrà trovare una soluzione nel segno dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi". Negoziati che devono avere come obiettivo la costituzione di due Stati "che vivano insieme in pace e in sicurezza, con Gerusalemme come capitale".
Le reazioni del mondo arabo alla decisione di Trump
Il segretario generale della Lega araba, Ahmed Abul Gheit, ha giudicato "pericolosa" la possibile decisione americana di trasferire l'ambasciata a Gerusalemme o riconoscerla come capitale di Israele. "Se dovesse accadere, avrà ripercussioni non solo sulla situazione palestinese ma in tutta la regione araba e islamica". Nel suo intervento alla sessione straordinaria della riunione della Lega araba, Abul Gheit, ha esortato "l'amministrazione statunitense ad astenersi da qualsiasi iniziativa che possa portare a un cambiamento dello status giuridico e politico di Gerusalemme o a pregiudicare eventuali questioni relative a una soluzione finale".
I palestinesi non hanno dubbi: l'eventuale decisione di Trump "decreterebbe" la fine dello sforzo americano di rilanciare il processo di pace. "Non accetteremo più la mediazione americana, non accetteremo più la mediazione del signor Trump", ha avvertito uno stretto collaboratore del presidente Abu Mazen, Nabil Shaath, reiterando inoltre l'avvertimento sulle reazioni arabe all'eventuale decisione americana: "Non so se questo provochera' violenza, ma ci saranno senza dubbio manifestazioni popolari ovunque, spero che non ci sarà violenza", ha detto. Ma "la violenza potrebbe esplodere nel mondo arabo, che non puo' essere controllato".
L'Arabia saudita ha espresso "preoccupazione" per una decisione "ingiustificata" che sarebbe "una grande violazione del principio di non influenza nei negoziati sul conflitto tra Israele e i palestinesi". Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha avvertito gli Usa sulle "pericolose conseguenze" e ha riferito al segretario di Stato statunitense, Rex Tillerson, che una tale dichiarazione scatenerebbe grande rabbia nel mondo arabo e musulmano.
Il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman spera invece una decisione definitiva di Trump, e ha parlato di "opportunità storica per rettificare l'ingiustizia". "Spero - ha auspicato - di vedere un'ambasciata americana qui a Gerusalemme la prossima settimana o il prossimo mese". Intanto le forze di sicurezza israeliane sono in allerta: i media locali riferiscono di un vertice tra la polizia e i servizi segreti nei giorni scorsi, in cui è stata valutata la situazione, per prepararsi a una ondata di violenza e attacchi terroristici che potrebbero essere simili ai disordini scoppiati dopo la decisione, lo scorso luglio, di introdurre i metal detectors al Monte del Tempio, per i palestinesi la Spianata delle moschee.