Il mare ha restituito dieci cadaveri lungo la costa nordoccidentale del Giappone, di fronte alla Corea del Nord. I corpi, in avanzata decomposizione o addirittura scheletriti, giacevano a bordo o vicino a imbarcazioni naufragate. I cadaveri sono stati scoperti in due rinvenimenti diversi dalla guardia costiera giapponese.
I primi due corpi, ridotti a scheletri, sono stati rinvenuti sulle rive di un’isola di fronte alla città di Niigata. Poco distante giaceva il relitto di una barca. Alcune tracce lasciano pensare che i morti fossero pescatori della Corea del Nord, per i pacchetti di sigarette trovati a bordo e i caratteri dell’alfabeto coreano hangul visibili sui giubbotti di salvataggio e nelle iscrizioni sulla prua.
Poche ore più tardi e più nord, a Oga, nella prefettura di Akita, la guardia costiera ha scoperto altri otto corpi, decomposti, all'interno di un natante di legno lungo sette metri. La guardia costiera non ne ha ancora stabilito la provenienza, riferisce il 'Japan Times'. I cadaveri erano a bordo di una barca alla deriva, avvistata venerdì 24 novembre a 300 metri dalla spiaggia di Miyazawa, a Oga. Non era stato possibile raggiungere il peschereccio a causa del mare mosso che oggi li ha riportati a riva. Morti chissà da quanto.
Solo quattro giorni prima, un'altra imbarcazione di venti metri con a bordo anche in questo caso otto uomini si era arenata sugli scogli di un tratto di costa nella medesima prefettura. Gli uomini, tratti in salvo, avevano dichiarato alla guardia costiera di essere pescatori nordcoreani. La barca aveva subito un’avaria ed era finita alla deriva. L'equipaggio disse di volere tornare in patria.
La guardia costiera non esclude che tra gli ultimi due casi ci sia un collegamento.
Pescatori o soldati in fuga?
Sono decine i pescherecci nordcoreani che ogni anno finiscono in acque territoriali giapponesi. Spesso le barche, malferme e fatiscenti, vengono trovate con cadaveri a bordo. Ciò significa che i naviganti sono alla deriva da molto tempo.
Soltanto l’anno scorso furono undici i morti rinvenuti in quelle che la stampa locale chiama “navi fantasma”. Secondo il governo giapponese, gli otto uomini del piccolo naviglio erano davvero pescatori. Né spie né disertori. La triste ricorrenza di queste sciagure è probabilmente legata alla crisi della penisola coreana, che si è aggravata in seguito ai ripetuti test missilistici e nucleari condotti dal regime di Pyongyang (gli ultimi missili hanno sorvolato proprio le acque del Giappone).
Secondo gli analisti, i pescatori nordcoreani vengono incoraggiati dal regime ad avventurarsi lontano, fin nel Mar del Giappone, per cercare mari più pescosi. Ma si espongono a grandi rischi: le loro barche sono generalmente malmesse, vecchie e poco attrezzate. I naufraghi nordcoreani raccolti in Giappone spesso chiedono di tornare a casa, ma alcuni possono scegliere di cercare asilo politico in Corea del Sud.
Secondo il 'Corriere della Sera', si tratta di militari - e non in fuga. Nell’inverno tra il 2015 e il 2016, tredici relitti di imbarcazioni nordcoreane arrivarono sulle coste giapponesi. A bordo i corpi irriconoscibili di trenta uomini.
Drammatico epilogo di un tentativo di fuga? La polizia di Tokyo – prosegue il quotidiano – studiò i resti. E stabilì che il bagaglio, come lo zainetto su cui era attaccata una spilla con il volto di Kim Jong-il, il padre dell’attuale leader Kim Jong-un, non era riconducibile a un oppositore. Non solo. Il mare nei gelidi inverni non è una saggia via di fuga. Chi scappa percorre la via di terra, attraverso la Cina. Così, si è giunti a ipotizzare che quelle barche siano pescherecci con soldati a bordo. Perché il regime di Pyongyang, per sfamare il Paese colpito da una prolungata carestia, spinge al largo queste imbarcazioni affidandole a membri dell’esercito, ritenuti più resistenti. Purtroppo i soldati non sono marinai. Così, in alto mare, si perdono. E muoiono di fame e di sete.