"Io, Robert Gabriel Mugabe, in base alla sezione 96 della Costituzione dello Zimbabwe, presento formalmente le mie dimissioni, con effetto immediato. La mia decisione di dimettermi è volontaria. Arriva dalla mia preoccupazione per il benessere del popolo dello Zimbabwe e il mio desiderio di assicurare un trasferimento di potere tranquillo, pacifico e non violento che rafforzi la sicurezza nazionale, la pace e la stabilità".
La missiva con il quale il novantatrenne presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, lascia il potere dopo quarant'anni viene letta dal presidente del Parlamento, Jacob Mudenda, dopo giorni di incertezza che avevano visto l'anziano autocrate, deposto una settimana fa da un golpe incruento dell'esercito, continuare a cercare di resistere. Al termine della lettura, è giubilo tra i deputati. La notizia si diffonde tra le strade della capitale Harare e la popolazione festeggia, mentre i ritratti dell'ormai ex presidente vengono rimossi dagli uffici pubblici.
Stamane, il partito di governo Zanu-Pf aveva avviato la procedura di impeachment nei confronti dell'anziano leader, trascorsa lunedì la scadenza indicata dai deputati senza che il capo di Stato annunciasse l'atteso passo indietro. Mugabe ha resistito una settimana dopo la presa del potere da parte dei militari. Ma di fronte alla pressione popolare e agli appelli a dimettersi, sette giorni dopo il golpe, ha lasciato l'incarico che deteneva dal 1980.
A sostituire quelli di Mugabe, vengono appesi i ritratti di Emmerson Mnangagwa, il vicepresidente la cui destituzione da parte di Mugabe aveva innescato il golpe. "Tornerà presto", aveva assicurato ieri il capo di Stato maggiore Constantine Chiwenga, aggiungendo che Mugabe e il suo ex vice erano rimasti in contatto e che Mugabe "aveva tracciato una road map e una soluzione definitiva per il Paese". È quindi assai probabile che, una volta rimpatriato, il potere andrà a Mnangagwa.