Il referendum sull'indipendenza del Kurdistan iracheno si tiene oggi, come era da programma. Lo ha confermato Massoud Barzani, presidente del governo regionale e leader del Partito democratico del Kurdistan, in un'attesissima conferenza stampa che era stata rinviata di 24 ore mentre si trattava febbrilmente per un possibile rinvio della consultazione. Da Baghdad è arrivato subito l'avvertimento del premier Haider al-Abadi: "Prendere una decisione unilaterale che ferisce l'unità dell'Iraq e la sua sicurezza, e la sicurezza della regione, con un referendum separatista è incostituzionale e contro la pace. Prenderemo le misure necessarie a preservare l'unità del Paese".
Un referendum sgradito non solo a Baghdad
È un referendum che non vogliono in tanti, a partire dall'Iraq, che con la regione autonoma ha anche contese territoriali per le province ricche di petrolio di Kirkuk, Ninive e Dyala. Non lo vogliono i vicini: Turchia, Siria e Iran hanno entro i propri confini le comunità curde, per effetto della spartizione del Kurdistan alla fine dell'Impero Ottomano. Non lo vogliono gli Stati Uniti, impegnati contro l'Isis alla guida di una coalizione cui partecipano anche forze curde. Non lo vuole l'Onu che, in una risoluzione del Consiglio di sicurezza, parla di minaccia alla stabilità della regione, ricalcando i temi proposti da Washington.
Più in generale l'Onu e la comunità internazionale temono che il referendum si svolga anche in aree che non fanno parte del Kurdistan, ma dove vivono popolazioni curde, come quella ricca di petrolio di Kirkuk. La popolazione ufficiale del Kurdistan iracheno è di 4,7 milioni, ma a votare sono stati chiamati a partecipare 5 milioni di elettori.
Ma Barzani non vuole lo scontro
Barzani ha chiarito che una vittoria del sì non significherà una dichiarazione immediata di indipendenza, e che i negoziati con il governo centrale continueranno forse ancora per due anni al fine di trovare una soluzione ai contenziosi aperti, primo fra tutti la gestione delle risorse petrolifere. Secondo il leader curdo, l'esperienza nello stato iracheno non ha però funzionato: "La partnership con Baghdad è fallita e noi non la riprenderemo. Siamo arrivati alla convinzione che l'indipendenza permetterà di non ripetere le tragedie del passato", ha dichiarato in conferenza stampa.
"Il referendum - ha aggiunto Barzani - è la prima tappa, perché il Kurdistan esprime la sua opinione. Poi comincerà un lungo processo". Dato che in ballo ci sono le ricche risorse di idrocarburi presenti nella provincia di Kirkuk e in alcune zone delle province di Ninive e Dyala, contese con Baghdad, il presidente curdo ha assicurato che lo scopo del referendum "non è quello di rivedere i confini o imporre un fatto compiuto". "Noi vogliamo un dialogo con Baghdad per risolvere i problemi e il dialogo può durare un anno o due", ha aggiunto. Se Abadi vorrà trattare su questi termini è tutto da vedere.