L’attentato sulle Ramblas di Barcellona e la successiva marcia contro il terrorismo hanno congelato per un attimo le antiche frizioni con Madrid a favore di un messaggio di unità nazionale, ma l’orologio continua a ticchettare e il primo ottobre, data per l’annunciato referendum sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, si avvicina. E dopo la momentanea tregua – cristallizzata nella foto del re Felipe VI a Barcellona in testa al corteo, insieme al premier Mariano Rajoy, al leader catalano Carles Puigdemonte e alla sindaca di Barcellona, Ada Colau - gli animi sono tornati a scaldarsi.
I partiti indipendentisti catalani, che controllano il locale Parlamento, continuano per la loro strada, nonostante il premier Mariano Rajoy abbia più volte ribadito che la consultazione popolare per la secessione da Madrid è illegale e tenterà di bloccarla in ogni modo.
La legge di transitorietà giuridica
Lunedì i parlamentari di Barcellona hanno presentato la "Legge di Transitorietà Giuridica e per la Fondazione della Repubblica" che entrerà in vigore se saranno i ‘sì’ a vincere il primo ottobre. La normativa stabilisce il quadro giuridico nel periodo transitorio fino alla proclamazione dell’indipendenza e all'approvazione di una costituzione catalana. Come spiega punto per punto El Pais, la legge prevede l’eliminazione della separazione dei poteri e di fatto il controllo della magistratura da parte della Generalitat, rende il catalano l'unica lingua ufficiale, trasferisce alla Catalogna funzionari e beni di proprietà della Spagna e stabilisce una Repubblica. Leggi anche l’articolo sulla Stampa.
Come in passato, è altamente probabile che il governo reagisca con un ricorso immediato davanti alla Corte costituzionale spagnola quando le due leggi – sul referendum e sulla transitorietà giuridica – verranno presentate e votate dai deputati catalani. Ma questi ultimi hanno già fatto sapere che non si fermeranno.
La domanda del referendum
"Volete che la Catalogna sia uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica?": questa la semplice domanda cui saranno chiamati a rispondere i partecipanti al referendum. Già nel 2014 si era svolta una consultazione informale sotto l'allora presidente Arturo Mas. Allora votarono appena 2,3 milioni su 6,2 milioni di aventi diritto e vinse il sì all'indipendenza con l'80%.
Leggi cosa disse all'Agi il presidente della catalogna il 4 luglio scorso
Gli ultimi sondaggi, condotti dalle autorità catalane poco prima degli attacchi, indicano che il 49% dei catalani sono contrari alla secessione, sostenuta invece dal 41%, ma in ogni caso - secondo la maggioranza degli abitanti della regione più ricca di Spagna che da sola produce quasi un quinto del Pil nazionale - la consultazione popolare deve tenersi.
La tregua con Madrid è durata pochissimo
Se nell’immediato, la reazione all’attentato terroristico che ha colpito il cuore della regione è stato di orrore e cordoglio per le vittime, la tregua è durata poco. Anzi l’attacco, ha sottolineato il New York Times, ha aggiunto tensione nelle relazioni tra Madrid e Barcellona.
“E’ avvenuto nel momento peggiore delle relazioni tra i politici catalani e spagnoli, e l’unica cosa che ha fatto è stata di aggiungere più tensione sotto la superficie”, ha commentato Ramon Perellò, giornalista alla guida del Peninsula. Mentre El Pais, in un editoriale immediatamente successivo, ha sostenuto che “un attacco su questa scala deve servire come una sveglia per le forze politiche catalane per tornare alla realtà”, quotidiani catalani hanno puntato il dito contro l’atteggiamento manipolatorio di Madrid. “I politici e i media spagnoli hanno una lunga tradizione nell’usare il terrorismo come strumento politico, l’esempio più chiaro è quello che è avvenuto nel 2004”, dopo le bombe a Madrid, ha sottolineato Salvador Garcia-Ruiz, direttore responsabile di Ara, giornale locale che sostiene l’indipendenza. Leggi anche un altro articolo di Agi.