L'Unione europea e i suoi Stati membri saranno obbligati a "scelte difficili" su come impostare il bilancio comunitario dopo la Brexit. L'avvertimento giunge dalla Commissione, in un documento di riflessione sul futuro delle finanze dell'Ue che dovrebbe servire a lanciare il dibattito sul prossimo quadro finanziario multi-annuale che si aprirà nel 2020.
Dopo l'uscita del Regno Unito dall'Ue "mancheranno 10-11 miliardi ogni anno", ha rivelato il commissario responsabile del bilancio, Gunther Oettinger, durante una conferenza stampa. "Non potremo far finta di nulla": con la Brexit "andrà via un grande Paese, attualmente contribuente netto, e quindi dovremo effettuare tagli e storni", ha spiegato Oettinger, illustrando le ipotesi contenute nel documento di riflessione.
A rischio persino i fondi strutturali
"La concezione del futuro bilancio dell'Ue deve fondarsi su una visione chiara delle priorità dell'Europa e sulla determinazione a investire nei settori che le assicureranno potenza economica, durabilità, solidarietà e sicurezza per il futuro", dice il testo. I margini di manovra esistenti hanno raggiunto il "limite". Nell'Ue su 50 euro di tasse "1 euro va in Europa. 49 restano" nelle capitali, ha sottolineato Oettinger: "su 50 dollari che un cittadino americano paga in tasse, 30 vanno a Washington". In questo contesto, tra Brexit e nuove spese per immigrazione, sicurezza e difesa, "dovranno essere fatte delle scelte difficili", avverte la Commissione. Nessun tabù sembra inviolabile, nemmeno una riduzione consistente delle risorse europee destinate alla politica agricola comune o ai fondi strutturali. "Se riflettiamo a eventuali tagli non possiamo risparmiare niente e nessuno", ha avvertito Oettinger.
La Commissione non ha dato indicazioni precise su quale proposta intende presentare per il prossimo quadro finanziario multi-annuale (il bilancio pluriennale, ndr) che dovrebbe scattare dal 2021. Vuole prima lasciare spazio al dibattito tra governi e all'Europarlamento. La Brexit ha un impatto anche sul calendario per l'adozione del nuovo quadro finanziario multi-annuale. Oettinger vuole rinviare la proposta formale alla primavera-estate 2018 perché solo allora, una volta concluso il negoziato sul conto che Londra deve pagare per uscire, si conosceranno "le conseguenze esatte della Brexit e quali saranno le fatture da pagare". Le trattative sul prossimo bilancio pluriennale - che potrebbe restare di 7 anni o passare a 5 anni, secondo il documento di riflessione - sono considerate un banco di prova della capacità dell'Ue di restare unita dopo la Brexit.
Ciascun paese ha le sue priorità per evitare di rimetterci: l'Olanda evitare di dover pagare ancora di più al bilancio comunitario, la Francia preservare il livello di finanziamento attuale della Politica Agricola Comune, la Polonia continuare a tenere il rubinetto dei fondi strutturali aperto. Oettinger ha chiarito "una volta che andranno via i britannici verrà meno lo sconto negoziato dalla signora Thatcher" e "a quel punto si dovranno "eliminare tutti gli sconti seguiti al primo". Trovare un accordo a 27 sarà difficile perché sul bilancio pluriennale rimane la regola dell'unanimità. Rispetto al 2013, quando fu trovato l'ultimo compromesso per il quadro finanziario multi-annuale 2014-2020, i compiti affidati all'Ue si sono ampliati con la gestione dell'emergenza migratoria, il controllo delle frontiere esterne, la necessità di rafforzare la sicurezza e la difesa, l'attenzione per gli investimenti.
Stretta in arrivo sull'agricoltura?
Nel documento di riflessione, la Commissione descrive cinque scenari - dal "fare meno insieme" a una "riforma radicale" del bilancio, passando per la "continuità" con l'impostazione attuale - ciascuno con conseguenze diverse su entrate e uscite. Tra le ipotesi evocate, l'introduzione di nuove "risorse proprie" che permetterebbero all'Ue di ricevere una parte di alcune imposte (vengono citate la tassa sulle transazioni finanziarie, la base comune di imposizione delle società o altre imposte su elettricità, carburanti, signoraggio o emissioni di CO2). Sul fronte delle uscite, la Commissione immagina anche la possibilità di ridurre la parte del bilancio riservata a agricoltura e coesione per finanziare le nuove sfide come la sicurezza, l'immigrazione e la difesa.
Per la Pac, il documento evoca l'ipotesi di "una parte di cofinanziamento nazionale per i pagamenti diretti" e una riduzione dei contributi destinati "alle grandi aziende agricole" (attualmente sono il 20% del settore e ricevono l'80% dei fondi Ue) per concentrarsi sul reddito degli agricoltori. Per la politica di coesione, la Commissione pensa a un aumento della quota di cofinanziamento da parte di alcuni paesi. "Il modo in cui il bilancio evolverà e sarà utilizzato dipenderà dal futuro a cui aspiriamo per la nostra Unione e dal livello di ambizione che fisseremo per forgiare insieme questo futuro", dice la Commissione. L'esecutivo comunitario invece si è mostrato molto prudente sulla possibilità di condizionare l'esborso di fondi Ue al rispetto dello Stato di diritto e dei valori fondamentali, come la solidarietà sui migranti. "La promozione dei valori fondamentali dell'Ue deve essere al cuore dell'elaborazione e della messa in opera delle politiche dell'Ue", si legge nel documento di riflessione: "nuove proposte formulate nel contesto del dibattito pubblico mirano a introdurre un legame tra l'esborso di fondi del bilancio dell'Ue e il rispetto dello Stato di diritto negli Stati membri". Tuttavia la questione rimane "aperta", ha detto la commissaria responsabile della Politica di coesione, Corinna Cretu: "questo è un dibattito che dobbiamo avere con gli Stati membri".