Nel maggio 2016, quando è uscito
il suo primo articolo sul tema, si parlava ancora solo di un gioco, in cui i ragazzi che partecipavano venivano chiamati balene (kiti) e veniva dato loro un numero di identificazione. Allora, la Mursalieva è stata criticata da più parti per non aver condotto un’inchiesta seria, per aver trattato il tema in modo “troppo emotivo”, per non aver citato dati ufficiali che parlano anche
del calo dei suicidi tra i ragazzi e per aver dato credito a un fenomeno che riguarderebbe più leggende metropolitane, che una vera e propria setta che incita al suicidio. La reporter aveva descritto i gruppi della morte attraverso l’esperienza della madre di una
ragazzina di 12 anni che si è uccisa e che dopo la tragedia aveva iniziato a investigare l’attività online della figlia e a condividerne i risultati nella speranza di evitare ulteriori tragedie. A distanza di un anno dal primo articolo, il semplice gioco che usava come segni le balene si è strutturato come Blue Whale e i casi di suicidi riconducibili a questo assurdo rituale - diffuso soprattutto sul social in cirillico
VKontakte - continuano.
Quel che è peggio è che il fenomeno sembra prendere piede anche fuori dalla Russia, soprattutto in Lettonia, fa sapere la Mursalieva che riceve segnalazioni da diversi paesi del mondo. Roskomnadzor, l’ente federale russo per il controllo delle telecomunicazioni, ha bloccato l’accesso ai gruppi che sui social propagandano il suicidio e in molti casi i ragazzi che finiscono su quelle pagine vengono reindirizzati ai gruppi di sostegno psicologico, istituiti dal ministero della Salute. Anche l’amministrazione presidenziale ha reagito e ha incaricato le autorità competenti, racconta la Mursalieva, di stilare entro il 30 giugno un programma di profilassi contro i suicidi di minori. La Duma, intanto, sta valutando l’inserimento delle pene per il reato di istigazione al suicidio e modifiche alla legge stessa, che permettano di perseguire chi spinge un minore a togliersi la vita non solo con ricatti e minacce, come prevede l’attuale legislazione, ma anche tramite l’uso di internet.
Galina, come è stato accolto il suo lavoro?
"Dopo il primo articolo, esattamente di un anno fa, si è parlato subito di un’inchiesta brillante, ma poi è iniziata una sorta di campagna stampa, che negava potesse esistere questo fenomeno, che ci accusava di manipolare l’opinione pubblica. Lo capisco, ammettere che esiste significa uscire dalla propria ‘
comfort zone’. Anche le autorità non hanno affrontato subito il caso; solo dopo alcuni mesi, il Comitato investigativo ha cambiato atteggiamento e, a settembre 2016 a San Pietroburgo, è stato aperto il primo caso penale contro gli amministratori, ignoti, di questi gruppi di sui social. A novembre, poi, è stato arrestato uno di questi ‘curatori’,
Filipp Budeykin, conosciuto sul web come Filipp Lis (‘volpe’ in italiano). A oggi è l’unico agli arresti, è in attesa di processo e si è riconosciuto colpevole anche in alcune interviste che ha rilasciato a media locali".
Perché nonostante la diffusione del fenomeno, si è arrivati a un solo arresto?
"Sono state condotte perquisizioni nelle case di 15 persone sospettate e le indagini sono in corso ancora oggi. L’arresto di Filipp Lis è stato possibile grazie alla testimonianza di una ragazza che all’ultimo si è sfilata dal gioco, ma in generale è difficile individuare e provare la colpevolezza di queste persone, da un punto di vista giuridico. Prima di tutto, quando un ragazzo è già morto si possono solo ascoltare i genitori e gli amici; tra questi in molti raccontano che sulle mani avevano incise delle figure di balene, come chiede il rituale. In diverse regioni della Russia molto distanti tra loro numerosi adolescenti muoiono nello stesso modo: sulle mani hanno incisi dei segni o semplici tagli o segni della balena. Anche gli inquirenti sanno che non può essere solo una coincidenza, ma il legame di queste morti col Blue Whale è difficile da provare, anche perché molto spesso gli amministratori di questi gruppi ordinano ai ragazzi, prima di commettere il suicidio, di cancellare le chat scambiatesi. Le informazioni, di cui siamo entrati in possesso durante l’inchiesta sono comunque state tutte passate agli inquirenti".
Molti ritengono che non sia il Blue Whale a spingere al suicidio ragazzi fino a poco prima normali, ma che siano giovani già disagiati a finire sotto l’influenza di questi gruppi della morte.
"Direi a queste persone di ricordare quando erano adolescenti loro, ognuno di noi ha vissuto quelle che allora sembravano tragedie e per un adulto sono cose di poco conto. E’ una fase della vita di passaggio e in cui è molto facile portare una persona a un determinato stato d’animo, soprattutto quando si tratta di metodi come questi che usano la violenza psicologica in modo sistematico: danno un compito, delle regole, poi ti spingono a leggere libri, vedere film e sentire musica terrible. Ti convincono che nessuna persona normale può essere felice, che nessuno ti ama e che tu sei un “prescelto”, usano proprio questa parola. Abbiamo, poi, molte testimonianze del fatto che appena un giovane si spaventa e vuole uscire dal gioco, questi amministratori mandano minacce più o meno velate di fare del male anche ai suoi familiari. Si tratta di una strategia psicologica seria; gli esperti a cui ci siamo rivolti sono giunti alla conclusione che questi gruppi della morte usano un lessico da culto distruttivo. Gli psicologi dicono che, sotto questa pressione da setta, anche una persona istruita può arrivate al suicidio".
Come rispondi a chi dice che si tratta di leggende?
"Come si può parlare di leggende o fake news quando in diverse città distanti tra loro, abbiamo decine, centinaia di genitori a cui è morto un figlio nella stessa situazione, con gli stessi modi e ripetendo le stesse frasi? Per esempio, molti genitori ricordano che prima di suicidarsi il figlio faceva domande o parlava di una certa Rina. Si tratta di Rina Palenkova, una sedicenne che prima di morire, gettandosi sui binari di un treno nel 2015, aveva caricato delle foto e dei video su VKontakte per documentare il suo suicidio; la ragazza è poi diventata una sorta di icona, tanto che alcuni, purtroppo, hanno anche cercato di farne un business vendendo su internet il suo stesso modello di maglietta o cappello".
Tu non hai mai intervistato Filipp Lis, ma hai parlato con gli inquirenti russi, cosa dicono?
"Lis ha parlato con diversi media e ha definito i ragazzi che cadono nella sua rete come “immondizia biologica”. Io ho intervistato a dicembre il capo del Dipartimento per le indagini di casi particolarmente importanti presso la direzione principale del Comitato investigativo di San Pietroburgo, Anton Breido. Il colonnello ha confermato che sono in corso le indagini e per i motivi già detti è difficile portare davanti a un giudice questi ‘curatori’. Per ora, solo contro Lis è stato possibile formulare accuse chiare. Il nostro compito è dimostrare la sua colpevolezza e poi sulla base di queste prove incriminare anche altri. Forse qualcuno si spaventerà finalmente. Per individuare in poco tempo chi c’è dietro questi ‘amministratori’ dei gruppi della morte serve, però, un enorme lavoro da parte degli inquirenti e andrebbe istituto un reparto speciale che si occupi solo di questo, ma per ora questo non è possibile. Secondo Breido, si ha ragione di credere che almeno 15 casi di suicidi di minori, siano avvenuti sotto l’influenza dei gruppi della morte, ma si sta ancora indagando. Non sono state formulate ancora accuse finali. Sappiamo che i bambini, influenzati da questa Blue Whale su VKontakte si sono tagliati polsi e hanno disegnato farfalle e balene. Breido ha confermato che la condizione psicologica di questi giovani cambia: vanno bene a scuola e frequentano regolarmente i corsi, poi nel giro di due mesi sono sopraffatti dall’apatia. Come se tutto si raffreddasse e il risultato alla fine è il suicidio".
Oltre alle autorità, il problema è sentito dalla società civile in Russia?
"I genitori delle vittime si sono organizzati nel Centro per la salvezza dei bambini dai crimini online, fondato da Serghei Pestov. Attorno a lui si sono uniti più di 100 genitori e ci sono tre gruppi di volontari che comprendono psicologi, specialisti di IT, studenti e molti che non sono indifferenti a quanto accade. I fondi per sostegno psicologico come ‘Tvoia Territoria’ che lavorano negli ospedali psichiatrici dicono che i ragazzi che arrivano da loro dopo aver passato anche solo alcune delle fasi del Blue Whale, versano in condizioni terribili, vogliono solo uccidersi e spesso vengono salvati dagli amici che li portano in questi centri di assistenza. I nostri volontari dicono che gli ospedali psichiatrici sono pieni di questi ragazzi".