Si chiama Rola Sleiman, ha i capelli biondi e viene da Tripoli. Ma sopratutto, dallo scorso febbraio è ufficialmente il primo pastore di sesso femminile non solo del Libano ma dell'intero mondo arabo.
Dalla vocazione alla nomina, "è stato Dio a volerlo"
La sua è una storia di vocazione religiosa, certo, ma anche una storia guidata in un certo senso dal caso. "Non avevo in testa di diventare davvero un pastore", spiega Rola ad Al Jazeera, mentre siede all'interno della Chiesa evangelista presbiteriana di Tripoli, dove lo scorso 26 febbraio ha ricevuto l'eccezionale nomina. "Se mi guardo indietro, mi accorgo che forse è stato Dio ad aver voluto questo destino".
Nata da genitori molto devoti - ma non più della media - Rola sembra attribuire l'inizio di questo suo percorso teologico ad una fase della sua adolescenza, in cui iniziò a farsi delle domande, e a cercare delle risposte. "Ho iniziato a leggere la Bibbia, il Corano, il Vecchio Testamento, ed ero convinta della mia fede. Non penso che tutti debbano avere fede, ma è ciò che mi ha guidato personalmente, hamdulillah", che in arabo significa "grazie a Dio", ed è una espressione utilizzata sia dagli arabi cristiani che musulmani. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di Teologia, e una volta laureatasi torna nella sua città natale nel nord del Libano.Prima di iscriversi all'Università si era fatta adottare dal Sinodo evangelico della Siria e del Libano, la denominazione che comprende le federazioni evangeliche presbiteriane del Levante. Dopo la laurea gli viene offerto di servire in una delle chiese in giro per i villaggi del Paese, ma lei sente di voler rimanere a casa. "Sentivo di dover fare qualcosa nella mia citta' natale", spiega. La svolta, appunto, arriva quasi per caso: nel 2006 George Bitar, il pastore della Chiesa in cui Rola va da quando è bambina, è in viaggio all'estero. A Rola, che ha una educazione teologica sufficiente, viene chiesto di guidare temporaneamente la messa di domenica, fino al ritorno di Bitar.
Con la guerra Rola diventa pastore "ad interim"
A luglio, però, scoppia la guerra tra Libano e Israele, ed il pastore Bitar non riesce a rientrare nel paese. Così, Rola continua a fare le sue veci per altri sei mesi. Poi, la sorpresa: George Bitar torna in Libano, ma il suo è solo un passaggio: ha infatti ottenuto un visto per gli Stati Uniti, e nel 2008 ci si trasferisce con la sua famiglia. Nella Chiesa di Tripoli, così, viene a mancare un pastore ufficiale, nominato, ma Rola continua nel suo ruolo "ad interim", rafforzando le sue relazioni nella congregazione. Il tempo passa, e lei rimane lì, dove sarebbe dovuta stare solo per pochi mesi. Non essendo ancora Pastore, ma solo Reverendo, Sleiman non può ad esempio celebrare i battesimi senza la supervisione di un chierico maschio, e l'assenza a Tripoli di un Pastore impedisce ai comitati del Sinodo - che sono formati dai Pastori delle Chiese in giro per il Paese - di votare su un certo numero di questioni. Insomma, c'è bisogno di nominare un Pastore nella seconda città del Libano.
"Ora sento molti più occhi su di me"
Così, lo scorso febbraio, dopo un lungo periodo da "clandestina", Rola Sleiman viene nominata pastore con una votazione, in cui prende ventitrè voti a favore e solo uno contro. Nonostante ciò, lei la prende con realismo e modestia: "Il titolo che ho ricevuto non ha aggiunto nulla a quello che già stavo facendo. D'altro canto, penso che ora ci siano molti più occhi su di me, molte persone che aspettano che io abbia successo o che fallisca".
A Tripoli i cristiani sono il 6% della popolazione
Storicamente, Tripoli è un città multiconfessionale, ma la popolazione cristiana è fortemente diminuita durante la guerra civile iniziata nel 1975 e finita nel 1990. Nonostante un censimento ufficiale della popolazione libanese manchi dal 1932, si calcola che oggi la popolazione cristiana della città costiera del nord del Paese - a maggioranza musulmana sunnita - ammonti al 6% circa. La Chiesa di Rola si trova nel centro della città vecchia, in un'area totalmente musulmana, con cui c'è un clima di profondo rispetto. Forse però Rola rimarrebbe a Tripoli anche in condizioni peggiori: "Non riesco a immaginarmi a vivere in un'altra città. La gente di Tripoli mi sostiene".