Iniziò il 15 marzo 2011. La guerra civile siriana sta entrando nel settimo anno. Ma a segnare tragicamente il 2016 è stata la violenza sui bambini. Il numero dei piccoli uccisi, mutilati e purtroppo anche reclutati nelle fila dei gruppi armati è arrivato al picco più alto. Lo certifica l'Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, nel suo ultimo rapporto.
La guerra a scuola
- 255 dei bambini uccisi nel 2016 (652) si trovavano a scuola o nelle sue vicinanze.
- 1 milione e 700mila non possono più frequentarla.
- Una scuola su tre è inutilizzabile, alcune sono occupate da gruppi armati.
I sei anni di guerra civile siriana in numeri:
- Morti: tra le 310.000 e le 440.000 (100mila civili, 20mila bambini, 10mila donne)
- Sfollati: 11,5 milioni (quasi la meta' della popolazione siriana prima della guerra).
- 6,5 milioni all'interno della Siria
- 5 milioni sparsi tra Turchia (2,7 milioni), Iraq (230.000), Libano (1,1 milioni) e Giordania (660.000).
Gli eventi degli ultimi 6 anni in Siria possono essere letti su due piani diversi. Su quello interno, l'esplosione del dissenso popolare e poi della rivolta contro un regime familistico e autoritario ha da una parte confermato il trend di richiesta di democrazia nell'area, dall'altra è stato accompagnato dal 2012 - con l'inasprirsi del conflitto - dal risveglio del jihadismo qaedista, che nel tempo ha per molti versi monopolizzato la rivolta armata. Nel 2014, poi, ha fatto la sua comparsa ufficiale l'Isis, il sedicente Stato islamico.
La Siria oggi
In Siria oggi esiste una realtà frammentata sul piano militare e politico-amministrativo: ci sono le aree tornate sotto il controllo del regime, quelle ancora in mano all'Isis, quelle controllate dalle forze curdo-arabe ed una porzione nelle mani di forze ribelli diverse. Istanze diverse, in contrasto potenziale o palese tra loro: la volontà di autoconservazione del regime, la nascita di realtà come quelle dei comitati popolari di quartiere per l'autogoverno di alcune realtà locali, il rafforzamento anche politico della componente curda, la riemersione del salafismo nella società civile, le pressioni di attori esterni. C'e' chi sostiene che la Siria vada verso la federalizzazione ma ad oggi non è possibile fare previsioni affidabili: non è chiaro poi quale sarà il destino dell'Isis - che rappresenta un "brand" oltre che una forza politica e militare -, nato dalle ceneri di una branca di Al Qaeda (Al Qaeda in Iraq, fondata da Abu Musab al Zarqawi) nel 2006, a seguito del disfacimento dello Stato iracheno dopo l'invasione americana del 2003, e poi auoproclamatosi "Stato" nel 2014.
La situazione geopolitica
- Russia -La guerra in Siria ha testimoniato il ritorno prepotente sulla scena internazionale della Russia - contestuale ad un parziale declino americano -, dopo due decenni di relativa marginalità. Sono del 2015 i primi raid aerei di Mosca, a sostegno dell'Esercito siriano e delle milizie di Hezbollah. Da quel momento Damasco recupera parti importanti del territorio - la "spina dorsale" siriana, da Damasco ad Aleppo - che oggi controlla. La Russia è intervenuta in Siria su richiesta del regime, ed il suo intervento si spiega sopratutto con la necessità di preservare l'unico porto che Mosca ha nel Mar Mediterraneo, quello di Tartous. Secondo molti osservatori, tra cui l'ex generale russo Mikhail Khodarenok, le truppe di Damasco sono mal equipaggiate e indebolite da perdite e defezioni, e le offensive di terra vengono portate avanti ormai integralmente dalle milizie del Partito di Dio, da volontari iraniani e iracheni e da compagnie militari private, con il fondamentale sostegno aereo di Mosca, senza il quale probabilmente Bashar al-Assad non sarebbe in una posizione tutto sommato di forza.
- Iran - Prima della guerra in Siria era un "gigante isolato", si sta affermando come potenza regionale, sia in Iraq che in Siria.
- La questione curda: i curdi hanno combattuto contro l'Isis e al Qaeda sia in Iraq che in Siria, rafforzando sia la loro rilevanza militare che la loro reputazione agli occhi della comunità internazionale. Sono però divisi: se i curdi iracheni guidati da Masoud Barzani hanno già da anni una certa autonomia amministrativa, e hanno ricevuto armi da russi, americani e iraniani sin da 2014 per combattere l'Isis, quelli siriani e quelli che vivono in Turchia sembrano avere un futuro più incerto. Futuro che dipende sia da quello di Assad e della Siria, che dalla posizione della Turchia, l'altro grande protagonista regionale in questa guerra, che si oppone da sempre all'idea di un'indipendenza curda e che avrà certamente un peso nelle decisioni che verranno prese sul destino di Damasco.
(Fonte: Osservatorio siriano per i diritti umani)
I siriani in fuga
Dall'inizio della guerra milioni di persone si ritrovano intrappolate. Se quasi cinque milioni di siriani che sono riusciti a scappare dal paese, altri rimangono intrappolate nelle aree del conflitto con chance sempre minori di avere possibilità di asilo a causa delle restrizioni dei flussi sempre più rigide adottate da alcuni Paesi.
Ecco la situazione:
- 78.000 sono bloccati al confine con la Giordania.
- Centinaia di migliaia respinti alla frontiera con la Turchia.
- 640.000 in Siria sotto assedio militare.
Dove si trovano i rifugiati
In totale i profughi sono 4,9 milioni e si trovano nei Paesi confinanti con la Siria o in Nord Africa.
- Oltre 1 milione sono ospitati in Libano in campi informali con oltre 1.700 comunità locali coinvolte.
- Oltre 2,9 milioni di persone si trovano in Turchia.
- Più di 650 mila in Giordania (di sui solo il 21% sono accolti in campi ufficiali).
- 230mila in Iraq.
- 115mila in Egitto
- 29mila negli altri Paesi del Nord Africa.
Porte chiuse in Usa e Ue
Il presidente Donald Trump ha recentemente firmato un nuovo ordine esecutivo che blocca il programma di reinsediamento per i rifugiati nel paese per 120 giorni. Un bando senza precedenti che pone a serio rischio la vita dei siriani e di altri rifugiati, per via delle complicatissime procedure di ingresso che rendono insufficiente la finestra di 2 mesi di tempo messa a disposizione per espletarle.
L’Unione europea sta per revocare la sospensione sul ritorno dei rifugiati in Grecia, ripristinando così il regolamento di Dublino (sospeso dal 2011), con la conseguenza che chi si troverà in altri paesi europei dopo quella data, rischierà di essere rimandato in Grecia per presentare la sua domanda di asilo. Tutto ciò, nonostante la stessa Commissione europea abbia ammesso che le politiche attuate sinora, creino un’enorme pressione sul sistema di asilo greco, costringendo decine migliaia di persone a vivere in condizioni disumane.
Il 15 marzo coincide anche con l’anniversario dell’accordo Ue-Turchia, che ha causato enormi sofferenze a tantissimi profughi, in buona parte siriani, che cercavano in Europa una possibilità di futuro. La scia che l’accordo si lascia dietro sono le migliaia di persone costrette a vivere in condizioni disumane nei campi sovraffollati delle isole greche, i ritorni forzati in Turchia, e la sempre minore disponibilità dell'Europa a farsi carico delle richieste d’asilo di chi è in fuga dalla guerra.
Un emendamento alla legge sull’immigrazione in Gran Bretagna, varato nel 2016, impedisce l’ingresso ai minori migranti non accompagnati provenienti da altri paesi europei.
L’emergenza umanitaria
Il 60% della popolazione ha bisogno di assistenza sanitaria, ma - secondo le stime delle Nazioni Unite - oltre la metà delle strutture pubbliche sono chiuse o solo parzialmente funzionanti.
- 13 milioni e mezzo hanno bisogno di protezione.
- 5,7 milioni di persone hanno immediato bisogno di aiuto.
- 4 siriani su 5 vivono in povertà
- 6,5 milioni di abitanti hanno scarso accesso a beni e servizi primari come cibo e acqua potabile.
- Dal 2011 c'è stata una perdita economica di 255 miliardi di dollari.
(Fonte Oxfam)
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