Dieci anni fa, il presidente russo Vladimir Putin teneva il suo storico discorso alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, mettendo in guardia dai rischi di un mondo "unipolare" e dell'allargamento della Nato e criticando l'approccio "unilaterale" degli Usa sulle maggiori questioni dell'agenda mondiale. Allora la sua analisi era stata presa come "una recidiva della Guerra Fredda, ma oggi vediamo che si è pienamente realizzata e questo non è un bene per nessuno, neppure per la stessa Russia", fa notare Fyodor Lukyanov, direttore scientifico del Club Valdai, think tank ritenuto vicino al Cremlino.
Il discorso del 2007
"Il discorso di Monaco del 2007 è stato precursore della fine del modello occidentale-centrico del mondo post Guerra Fredda, in cui la Russia giocava un ruolo modesto. Quel modello è stato del tutto messo da parte nel 2014", con la crisi ucraina e l'operazione Crimea, spiega Lukyanov commentando con Agi cosa è cambiato da allora a oggi. Parlando a Monaco, Putin aveva avvertito che la Federazione russa non sarebbe stata più disposta a giocare secondo regole, che le venivano suggerite dall'esterno; pretendeva di essere parte di un mondo multipolare, al pari delle nuove potenze emergenti, non subordinata agli Stati Uniti e si dichiarava aperta a rapporti di partenariato con l'Occidente in tutte le sfere, non solo nella sicurezza.
Ruolo cresciuto
Gli eventi, però, si sono sviluppati in senso opposto: la guerra lampo con la Georgia nel 2008, il fallito reset con gli Usa - avviato nel 2009 - e poi la Libia, l'Ucraina e la Siria. "In 10 anni ci sono stati diversi tentativi di accordarsi su regole di convivenza accettabili, ma nessuno ha funzionato e siamo arrivati alla crisi ucraina", ricorda l'analista. E' indubbio che dal 2007 il ruolo di Mosca a livello internazionale sia notevolmente aumentato, ma questo "non è dovuto tanto alle sue accresciute possibilità, quanto alla grande crisi concettuale, in cui è finita la comunità occidentale", sottolinea Lukyanov.
"La Russia puo' dirsi soddisfatta di aver predetto l'insostenibilità di un mondo unipolare e ritiene un successo il fatto che si siano fermati i tentativi di imporre questo modello. Allo stesso tempo, pero', l'imprevedibilità nella politica internazionale è salito al massimo livello e, cosa mai successa prima, la maggiore causa sono gli Stati Uniti", avverte l'analista, secondo il quale questo spaventa anche Mosca.
Pagina nuova nelle relazioni internazionali
"Si è aperta una pagina tutta nuova nelle relazioni internazionali, in cui non esistono più potenze tali da poter siglare grandi accordi e decidere il destino di altre nazioni, in una sorta di nuova Yalta di cui tanto si parla; neppure la Russia sa come costruire questo mondo multipolare", avverte Lukyanov. Rispetto a Monaco 2007, è finita anche la "ricerca di Putin di un posto nel cosiddetto grande Occidente allargato". Dieci anni fa, il leader del Cremlino aveva parlato della Russia come "parte della grande famiglia europea". "Intendeva dire che accettava l'ordine uscito dalla Guerra Fredda, ma che la grande famiglia europea doveva essere abbastanza flessibile e tollerante da comprendere tutti e non solo quelli che rispondevano ai suoi criteri", spiega l'analista.
Torna la Superpotenza
"Oggi molte istituzioni di cui si parlava allora, come la Nato, versano in uno stato di confusione e parlare di famiglia europea non ha più senso, perché nella stessa Ue si respira aria di disgregazione. - conclude Lukyanov - Dal canto suo, la Russia è tornata a sentirsi una potenza a sè stante: non vuole più essere la periferia dell'Europa, ma il centro dell'Eurasia, che comprende in sè anche il Vecchio Continente. Questa svolta concettuale non è reversibile e caratterizzerà la politica russa a lungo termine".