Roma - Era il 2 settembre del 2015 ed è trascorso - inutilmente - un anno dallo scatto di quella foto che per un breve momento lasciò senza parole il mondo: il corpo riverso senza vita del piccolo Aylan Kurdi, il profugo siriano di soli 3 anni, sul bagnasciuga della spiaggia turca di Bodrum, scosso solo dalle onde che si frangevano sulla sua salma. Nella traversata morirono annegati anche il fratellino di 5 anni e la mamma di Aylan. Il suo corpo raccolto con delicatezza e cura da un agente di frontiera turco visibilmente commosso, a un passo delle lacrime, fece aprire gli occhi sul dramma dei profughi siriani.
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Da allora l'Ue ha stretto un fragile accordo con la Turchia che in cambio di oltre 6 miliardi di euro e la promessa di liberalizzare entro ottobre i visti per i cittadini turchi diretti nell'Unione, ha accettato - finora - di farsi carico dei quasi 3 milioni di profughi siriani nei suoi confini, bloccando la rotta di fuga balcanica verso l'agognata Europa. Accordo a rischio se, come hanno minacciato le autorita' turche, l'Ue oltre ai soldi non rispetterà l'accordo sui visti.
E intanto dopo la foto di Aylan un'altra immagine di un bambino, estratto vivo miracolosamente dalle macerie di Aleppo il 17 agosto, il piccolo Omaran hanno ricordato al mondo che da oltre 5 anni in Siria si combatte una guerra sanguinosa dove tanti attori, molti in nome e per conto di sponsor più o meno celati, si combattono senza fermarsi di fronte a nulla in nome solo del potere, con l'obiettivo di spartirsi ciò che resta di una Siria balcanizzata, sempre più simile alla ex Jugoslavia.
(AGI)