Washington - Fethullah Gulen, l'ex alleato ed attualmente nemico numero uno di Erdogan, nel mirino della giustizia turca che ha emanato un mandato d'arresto nei suoi confronti, ha denunciato dal suo esilio in Usa la mancanza di indipendenza della magistratura di Ankara, "E' ampiamente documentato che il sistema giudiziario turco sia privo di indipendenza; e dunque questo mandato d'arresto e' un altro esempio della deriva verso l'autoritarismo del presidente di Erdogan e del suo allontanarsi dalla democrazia". Il mandato d'arresto accusa Gulen di di aver "ordinato" il golpe del 15 luglio, fallito ma a cui e' seguito una sistematica epurazione da parte delle autorita' turche nei confronti di quella che viene considerata la 'rete' golpista di Gulen.
Il provvedimento a carico di Gulen e' stato emesso su richiesta del procuratore Can Tuncay, con le accuse di "tentativo di rovesciare il governo turco o di impedire lo svolgimento delle sue funzioni"; "privare cittadini della liberta' personale con l'uso della forza, della minaccia o della frode"; "tentato omicidio del presidente della Repubblica"; "tentativo di abbattere il parlamento turco allo scopo di impedirne le funzioni"; "tentativo di rovesciare l'ordine costituzionale".
Nel provvedimento si fa riferimento, inoltre, a molteplici accuse di omicidio attribuite a Gulen. L'emissione del mandato apre la strada alla domanda formale di estradizione, gia' preannunciata agli Stati Uniti da Ankara e piu' volte reclamata in passato ma attesa da Washington per una valutazione delle accuse contro Gulen. Fethullah Gulen e' per il presidente turco il nemico piu' pericoloso ma non il solo. "Sono tutti terroristi", ha detto Erdogan riferendosi a Daesh, Pkk e Feto, l'organizzazione di Gulen. Si tratta, ha affermato, di gruppi che operano tutti "contro la Repubblica di Turchia". "In ogni caso continueremo a combatterli" ha aggiunto, respingendo le accuse di Gulen circa aiuti turchi al Daesh e ricordando di avere detto al presidente americano, Barack Obama, che le armi inviate nel Kobani, nel nord della Siria, ai peshmerga del Pyd e alle milizie curde dell'Ypg "finiscono per meta' al Daesh".
Il versante diplomatico dei rapporti tra Occidente e Turchia registra un altro momento di tensione, con Vienna decisa a chiedere la chiusura dei negoziati di adesione di Ankara.Il capo del governo austriaco, Christian Kern, lo fara' nella riunione dei capi i Stato e di governo dell'Ue il 16 settembre, a Bratislava. "Non vedo possibile un'adesione della Turchia nel giro di anni, ma neppure decenni", ha affermato, ma una risposta e' arrivata in giornata dal capo della Commissione europea, Jean-Claud Juncker: "Sarebbe un grave sbaglio in politica estera dare l'impressione che L'Ue non voglia la Turchia", ha spiegato Juncker al canale radiotelevisivo tedesco Ard. "Non credo che sia utile se non chiudiamo unilateralmente il negoziato con la Turchia", ha aggiunto Juncker precisando che una decisione simile dovrebbe esser presa all'unanimita' dai tutti i paesi membri dell'Ue. E, d'altronde, "non vedo questa volonta' tra i paesi membri in questo momento".
Al tempo stesso, ha sottolineato il capo dell'esecutivo europeo, Ankara "non puo' diventare un paese membro dell'Ue nelle attuali condizioni, soprattutto se decide di reintrodurre a pena di morte. Questo porterebbe alla cessazione immediata dei negoziati". Ankara aveva fatto intendere nelle settimane scorse che la restaurazione dopo il fallito golpe del 15 luglio scorso potrebbe comprendere, oltre all'epurazione in atto di migliaia di persone ritenute fedeli a Fethullah Gulen, anche il riavvio del lavoro del boia ma in realta' cio' rientra in quella partita in cui la posta in gioco e' la definizione entro il prossimo ottobre della liberalizzazione dei visti con l'Ue, in cambio del controllo dei rifugiati alle frontiere con la Siria. (AGI)
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