Roma - Capace di trasformare un handicap in un vantaggio, considerato un eroe nazionale e un'icona per tutti quelli convinti che si puo' varcare il muro della disabilita', Oscar Pistorius e' stato condannato oggi a cinque anni di prigione per aver ucciso la fidanzata Reeva; e, comunque vada con gli eventuali ricorsi, qualche mese di carcere se lo fara'. Nessuno lo avrebbe potuto prevedere quando, a Londra, nel 2012 centro' la sua idea folle: diventare il primo biamputato a gareggiare con i normodotati in un'Olimpiade. Il mondo si inchino' al coraggio di un essere umano che, nonostante la nascita senza le tibie e l'amputazione ad appena 11 mesi di entrambe le estremita' sotto le ginocchia, fosse riuscito a competere alla Olimpiadi con le sue avveniristiche protesi. "Blade runner" si classifico' per le semifinali dei 400 metri e taglio' il traguardo in 45,44 secondi, il suo quarto tempo piu' veloce su quella distanza. E solo i maligni dissero che quelle protesi -le 'lame', coltelli ricurvi che pesano il 20% in meno di una gamba in carne e ossa- gli davano un vantaggio sleale sugli avversari. Gli altri tennero impressa la sua immagine avveniristico (non a caso Time lo inseri' tra le 100 persone piu' influenti del Paese) e qualcuno parlo' di "un cieco che ha scalato l'Everest".
Pistorius, nato a Johannesburg nel 1986, ha avuto un'infanzia e un'adolescenza traumatiche, segnate dalla sua vulnerabilita', la separazione dei suoi genitori e l'iper-protezione di una madre ossessionata dalla delinquenza. La madre, a cui il ragazzo era legatissimo, mori' quando lui era adolescente. Tutte esperienze che devono averlo marcato a fuoco. E cosi' nei mesi successivi all'omicidio, sotto i riflettori di una stampa mondiale interessata in maniera ossessiva al caso (le fasi salienti del processo sono state seguite in diretta dai grandi network internazionali), e' emersa un'altra immagine di Pistorius: un giovane dai comportamenti a tratti violenti e collerici, facile protagonista di scontri verbali e a volte anche fisici, con una passione sfrenata per le auto veloci e le armi. Da allora la sua carriera e anche la sua fama si sono frantumati, con la stessa celerita' con cui sono spariti, l'uno dopo l'altro, all'indomani della tragica notte di San Valentino,tutti i lucrosi contratti con i marchi sportivi che lo sponsorizzavano. Da quando, il 22 febbraio, e' in liberta' su cauzione, Pistorius e' stato ritratto pochissimo in giro (una volta che faceva sport, un'altra a pranzo con i suoi avvocati). La stampa locale ha parlato anche di una sua vacanza in Mozambico, dove avrebbe avuto una storia con una studentessa sudafricana, e di una lite con un altro cliente in un bar alla moda di Johannesburg, dove era andato con i cugini. Lo zio Arnold Pistorius, uomo d'affari facoltoso e di successo, padre adottivo di Pistorius e capo di questo clan di afrikaner con forti convinzioni calviniste, ha raccontato che il nipote trascorre il tempo leggendo la Bibbia nella sua casa di Pretoria, dove vive da quando e' in liberta' condizionale. Di certo il Pistorius che andra' in carcere sara' molto piu' povero di quello che correva sulle piste visto che e' stato costretto a vendere anche la sua proprieta' piu' importante, la casa dove viveva quando uccise Reeva, per poter sostenere i costi esorbitanti della difesa. La conclusione del processo da' alla famiglia una tregua economica e soprattutto la libera dalla gogna mediatica: essere sotto i riflettori per 18 mesi e soprattutto nei 47 giorni di udienze. Nelle udienze si e' visto di tutto: spettacolo, dramma, sangue. Pistorius ha pianto, singhiozzato, vomitato e ha dovuto mostrare, senza alcun pudore, anche i lati pui' intimi di se': ha persino camminato sui monconi, senza protesi, per mostrare la sua altezza reale e la sua vulnerabilita'. Ora tutto questo almeno e' finito. (AGI)