Roma - L'Italia si fermera' solo quando avra' trovato la verita'. All'indomani della conferenza stampa dei genitori di Giulio Regeni, Matteo Renzi torna sul caso del giovane ricercatore italiano torturato e ucciso al Cairo e, dagli Usa dove e' in visita, afferma: "il dolore della famiglia Regeni e' dolore di tutta Italia. Noi siamo con il cuore e con la mente e con le azioni concrete a sostegno della famiglia. La vicenda e' molto complicata ed e' seguita dal procuratore della Repubblica di Roma, con inquirenti di primo ordine". Per il premier "e' chiaro che speriamo si possa finalmente trovare i colpvoli o il colpevole, non restituira' Giulio alla famiglia, ma onore all'Italia e all'Egitto. Noi ci fermeremo solo quando avremo trovato la verita'. Per cui massimo sostegno, supporto alle autorita' italiane. Ci fermeremo solo davanti alla verita' vera, non di comodo".
Intanto le indagini e le trattative con l'Egitto proseguono. La Procura egiziana ha creato un pool investigativo sul caso Regeni. "Poiche' gli indizi sul caso provengono da diverse aree - si legge in una nota - il Procuratore generale ha ordinato la creazione di un pool per continuare le indagini". Nelle prossime ore, poi, rientrera' in Italia il team investigativo inviato dalla Procura di Roma al Cairo ai primi di febbraio per lavorare sulla scomparsa e sulla morte di Regeni. La fine della 'missione' dei nostri investigatori di Ros e Sco e' soprattutto legata all'incontro, programmato per il 5 aprile prossimo, salvo ulteriori slittamenti, con i rappresentanti della polizia egiziana che dovranno informare la controparte degli esiti delle loro indagini e soprattutto, come promesso dal Procuratore Generale della Repubblica d'Araba d'Egitto in una telefonata al capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone, consegnare quello che l'Italia ha richiesto a piu' riprese per poter sviluppare delle indagini all'insegna della collaborazione reciproca.
Ma nel pomeriggio si e' aggiunto giallo a giallo. Si tratta di una lettera anonima, recapitata nelle ultime ore all'ambasciata italiana al Cairo e cestinata come inattendibile, secondo cui il 28enne ricercatore di origine friulana sarebbe finito nelle mani di una banda che trafficava in reperti archeologici e che lo ha sequestrato e torturato fino a causarne la morte per ragioni da chiarire. Chi indaga ritiene assolutamente infondata questa ennesima versione, tenuto conto che la Procura di Roma non prende mai in considerazione gli scritti anonimi, come gia' successo tante altre volte. "E' un'altra bufala, un'offesa alla memoria di Regeni: che lui potesse essere implicato in un traffico di reperti e di statuette d'oro e' una follia" ha tagliato corto il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, al termine dell'audizione del direttore dell'Aise Alberto Manenti. "Teniamo ferma la nostra linea - sottolinea Stucchi - continuiamo a considerare inaccettabile il comportamento dell'Egitto. Serve la verita' vera. Nessuna verita' che possa definirsi potabile ci interessa, quella del traffico di reperti e' una verita' inquinata". Per il presidente del Copasir "il problema resta la pressione da fare dal punto di vista diplomatico e governativo su un Paese che non sta rispondendo a quelle esigenze primarie di giustizia da cui non si puo' prescindere". (AGI)