Tripoli - "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur", mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata: si potrebbe ricorrere a una metafora delle guerre puniche per descrivere il caos in cui sta sprofondando ogni giorno di piu' la Libia. In questo caso Roma sarebbe Tobruk, il cui Parlamento ha nuovamente rinviato, a lunedì prossimo, il voto di fiducia al nuovo governo di riconciliazione nazionale del premier incaricato Fayez al Sarraj. E la Sagunto è Sabrata, la città della Libia nord-occidentale in cui sono entrati 200 miliziani dell'Isis mentre i soldati locali erano impegnati in un’altra operazione. Secondo fonti locali i jihadisti hanno occupato per tre ore il quartier generale della sicurezza e nei combattimenti ci sono stati 16 morti. Testimoni oculari hanno riferito di bandiere nere con la Shahada, la professione di fede islamica, nel centro della cittadina libica e sui palazzi del potere come la stazione di polizia, la centrale elettrica e l'ospedale.Poi l'intervento dei miliziani islamicio di Alba libica arrivati da Tripoli che hanno cacciato i jihadisti dalla città,
Sabrata, che ospita un sito archeologico inserito dal 1982 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, dista appena 70 chilometri da Tripoli ed è il punto più occidentale raggiunto dai fondamentalisti, già radicati a Derna e, dal giugno scorso, a Sirte.
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Intanto martedì, dopo oltre due mesi di estenuanti trattative e passi falsi, c'è stata l'ennesima fumata nera per il governo di riconciliazione nazionale libico. Il Parlamento di Tobruk ha infatti rinviato il voto di fiducia per mancanza del numero legale dopo uno scontro fra i deputati sul sistema di voto da usare (i favorevoli chiedevano il voto segreto, i contrari l'alzata di mano) e il nuovo appuntamento è stato fissato per lunedì prossimo, 29 febbraio. Un gruppo composto da 100 deputati del Parlamento filo-occidentale di Tobruk ha annunciato ufficialmente il proprio sostegno al governo di riconciliazione nazionale. Resta il no dei parlamentari che sostengono il generale Khalifa Haftar.
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Le truppe di Haftar, ex alto ufficiale del regime di Muhammar Gheddafi, avanzano sempre più verso Bengasi, da tre direttrici. Per il terzo giorno consecutivo hanno guadagnato terreno sia nella zona di al Laithi, sia in quella di Bouatna sia a Sidi Faraj. Martedì i soldati hanno attaccato la zona di al Sabri nel centro cittadino con le armi pesanti in preparazione di un assalto finale. Si registra inoltre una fuga nelle prime ore di questa mattina dei miliziani dello Stato islamico dalle loro postazioni. Il ministero degli Esteri del governo di salvezza libico di Tripoli, non riconosciuto dalla comunita' internazionale, ha condannato in una nota le operazioni militari condotte da Haftar a Bengasi e Agedabia nei giorni scorsi. Il ministro degli Esteri, Ali Bouzakuk, ha affermato che "queste operazioni non sono nell'interesse del paese e non portano alla stabilita', ma mirano a far fallire una soluzione politica della crisi rafforzando le divisioni nel paese". L'inviato dell'Onu per la Libia, Martin Kobler, ha chiesto "un cessate il fuoco a Bengasi per porre fine agli scontri e ricostruire la citta'". In un'intervista concessa al sito informativo libico "al Wasat", il diplomatico tedesco ha spiegato che "la priorita' e' quella di porre fine ai combattimenti in citta' per migliorare le condizioni di vita dei civili, mentre dall'altra parte e' necessario che si stabilisca il governo di riconciliazione nazionale