La Paz - Evo Morales dovrà probabilmente rinunciare al sogno di guidare la Bolivia fino al 2025. Con il 72% delle schede scrutinate, infatti, il referendum sulla ricandidatura a un quarto mandato nel 2019 vede i no al 56,5% contro un 43,2% di si'. I dati diffusi dal Tribunale supremo elettorale sembarno confermare l'annuncio dell'opposizione boliviana che aveva dato per certa la vittoria del no sulla base dei sondaggi che indicavano unanimamente la sconfitta primo presidente indigeno del Paese, al potere dal 2006. Il governo finora ha invitato alla cautela, sollecitando ad attendere i risultati definitivi.
Nel suo decennio al potere, al 56enne Morales e al suo Movimento per il socialismo è attribuito il merito di aver arginato la povertà in uno dei Paesi più poveri dell'America latina, destinando i ricavi del gas naturale alla realizzazione di nuove infrastrutture e a programmi sociali. Morales è stato rieletto nel 2014 con il 61% ma negli ultimi tempi, nonostante l'economia regga bene, il suo governo è stato accusato di corruzione, sprechi e autoritarismo. In particolare sul presidente si è allungata l'ombra dell'accusa che l’impresa di una sua ex compagna avrebbe ottenuto ricche commesse pubbliche. Ora, il suo declino sembra inserirsi in quello più ampio della sinistra latino-americana di governo, certificato dal successo dell'opposizione anti-Chavista in Venezuela il 6 dicembre e dalla vittoria del conservatore Mauricio Macri alle presidenziali del 22 dicembre in Argentina. In Brasile, la presidente Dilma Rousseff è in crisi di consensi e ha rischiato seriamente l'impeachment.
Oltre 6,5 milioni di boliviani erano chiamati a votare nel referendum che chiedeva un parere sulla riforma costituzionale per ampliare da due a tre i mandati presidenziali consecutivi permessi, il che darebbe la possibilita' a Morales e al vicepresidente Alvaro Garcia Linera di tornare a candidarsi nel 2019. La diffusione dei sondaggi ha scatenato la celebrazioni degli oppositori nelle varie citta': in Bolivia infatti tradizionalmente si considera valido il risultato dei sondaggi all'uscita delle urne e il riconteggio rapido della notte elettorale perche' lo scrutinio ufficiale di solito tarda anche vari giorni. (AGI)