Sempre che sia confermata la morte del califfo al-Baghdadi, la prudenza è d’obbligo visto che solo negli ultimi tre anni il fondatore di Daesh era stato dato per ucciso in raid della coalizione altrettante volte. Abbiamo chiesto a Carlo Biffani, esperto di sicurezza, quali condizioni potrebbero aver reso possibile la sua uccisione.
Come potrebbero essere arrivati al suo nascondiglio?
Sarà interessante capire se l’uccisione sia avvenuta, come sembra, nella zona di Idlib, nella Siria settentrionale. Se tale indicazione fosse confermata, si tratterebbe di un’area a forte controllo di gruppi di ispirazione quaedista e a mio avviso non si può escludere una informazione di intelligence ottenuta grazie ad una “spiata” fornita da chi controlla quel territorio e si rifà al gruppo terroristico di Osama Bin Laden. Al Qaeda ha sempre visto nel Califfo e nei suoi seguaci un nemico da combattere più che un alleato nella lotta all’Occidente. Sarà importantissimo quindi conoscere le informazioni che verranno diffuse ufficialmente e leggere fra le righe di tali dichiarazioni, così come capire chi abbia condotto il blitz e quali Unità siano state coinvolte. Se si trattasse di distaccamenti delle Forze Speciali statunitensi, potrebbe venir meno l’idea della casualità dell’ingaggio. Unità di Deltà Force, solo per fare un esempio, vengono impiegate sul terreno solo nel caso di informazioni degne della massima considerazione e validate dai più alti livelli dell’intelligence militare. Altra cosa sarebbe, qualora si trattasse di un ingaggio per così dire, casuale.
Che ne sarà ora di Daesh?
Daesh è stato in questi anni un movimento terroristico capace di esprimere una forza d’urto impressionante e di amministrare un’area grande come una vera e propria nazione, oltre che a controllarla militarmente. Pensare che possa considerarsi definitivamente battuto qualora fosse confermata la morte del suo fondatore sarebbe avventato, soprattutto perché il fondamento delle azioni terroristiche che lo hanno visto seminare una impressionante scia di sangue anche in occidente, è quello dell’istant-jihad. “Andate e colpite l’infedele in mio nome, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo!” è la regola fondante della fatwa emanata da al-Baghdadi. E si tratta di una fatwa che non ha fine, né scadenza. Il suo movimento terroristico continuerà a colpire ed è immaginabile che voglia e possa farlo proprio in conseguenza della scomparsa del suo leader. Immagino che gli organismi di intelligence occidentali e dei Paesi considerati nemici del califfato, abbiano in queste ore ulteriormente innalzato il livello di allerta e stiano studiando risposte adeguate in termini di sicurezza interna.
Chi potrebbe prendere ora il posto di al Baghdadi?
Il Califfo sapeva da anni di avere sulla testa una taglia ed avrà messo in conto la sua scomparsa, designando un suo successore e pianificando una serie di azioni che, qualora fosse stato eliminato in combattimento, possano dimostrare la continuazione del suo disegno terroristico al di la della sua stessa esistenza. Qualora fosse, come sembra, confermata la sua morte, dobbiamo tenere in grande considerazione il potente messaggio insito nella sua morte avvenuta armi in pugno e combattendo. Come già accaduto in precedenza per altri gruppi terroristici quando, in corrispondenza della morte del leader, si è creato un effetto volando sul reclutamento e sulla rivitalizzazione del gruppo stesso.