Qualcuno promette la svolta generazionale, qualcuno la continuità, qualcuno aspira alla rivincita: la Cdu prova a ripartire dopo le dimissioni da presidente del partito della Cancelliera, Angela Merkel, che a fine legislatura abbandonerà la politica senza cercare recuperi in Europa e nemmeno nel sottobosco degli incarichi.
Lei, Merkel, lascia intendere che i prossimi mesi o anni di governo, tanti quanti ne durerà l’attuale Grande Coalizione, in questo momento molto indebolita, faranno vedere un governo meno impastoiato dalla paura. Nel frattempo però occorrerà preparare il futuro, perché ad ogni fine di legislatura la sfida è sempre quella: democristiani contro socialdemocratici. Chi vince prende il governo, e se nessuno vince si governa insieme.
Friedrich Merz, l’eterno rivale
Per lui sarebbe il coronamento di lunghissimi anni d’attesa, ed una rivalsa che potrebbe essere vissuta alla non più tenera età di 62 anni. Coetaneo di Merkel (che di anni ne ha 64), Merz era il golden boy del partito quando lei si appalesò all’orizzonte, proveniente dalle tundre della Germania Est. Nel 2000 ci fu una divisione dei poteri: lui al Partito, lui al Bundestag, dove sarebbe divenuto potentissimo capogruppo. Di visioni liberiste, venne fagocitato un po’ alla volta dalla sempre più potente ragazza del Mecklemburgo fino ad optare per un apparente autoesilio (dorato) nel settore privato, grazie alla sua capacità nell’arte forense.
Annegret Krump-Karrenbauer, ovvero l’affidabilità dell’usato sicuro
Se Merkel potesse scegliere liberamente, con ogni probabilità poggerebbe la mano sulla sua spalla. Attualmente è l’influente segretario generale del partito, appena un gradino sotto il potere vero. Particolare interessante: è stata eletta alla carica con il 99 percento (ripetiamo: il 99 percento) dei voti espressi. Una percentuale che nemmeno nella Bulgaria comunista.
Il suo curriculum la vede impegnata per anni nella nativa Saar, come ministro ma anche come Ministerpraesident. Non sperimenta quasi mai le gioie del governo monocolore democristiano. Al contrario: è una specialista delle Grandi Coalizioni, spinte all’estremo di una Coalizione Giamaica (rosso-nera-verde) con i Gruenen nel 2011. Ma durò poco.
Oggi è tutto da vedere, se quel 99 percento resterà granitico (molto difficile) o si abbasserà a percentuali molto meno vertiginose.
Jens Spahn, il giovane che scalpita
Ha 38 anni, e quando è nato Angela era una studentessa di fisica figlia di un pastore protestante in attesa di vedere la Riunificazione. Non certo un millennial, ma ugualmente il simbolo di un partito che – famoso per la ricerca della continuità – potrebbe essere tentato dal brivido del salto generazionale. L’esperienza non gli manca. Fa parte del Presidium della Cdu da quattro anni, è un intimo dell’ex ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble ed attualmente è ministro della Sanità. Da vedere quale sia la sua effettiva presa sul partito.
Armin Laschet e Daniel Guenther, la voce dei territori
Il primo è Ministerpraesident (in pratica il governatore) del Nord Reno-Westfalia. Terra che molto ha dato alla Cdu nella sua storia. Anche lui ha fatto carriera sulla scia di Merkel. Un’ottima seconda scelta se dovesse fallire, a sorpresa, Krump-Karrenbauer.
Il secondo ha 45 anni, governa dal nord lo Schleswig-Holstein ed è un tipo considerato pragmatico. In altre parole: liberale in materia sociale, ma quando si tratta di immigrati e di sicurezza ci andrebbe con la mano pesante. Contraddittorio? Meno di quanto non si pensi. Da quando i Verdi hanno avuto il loro successo in Baviera, le cose nella politica tedesca hanno iniziato a cambiare.