Helmut Kohl, al quale lei molto deve, amava dire che i veri sondaggi di opinione sono quelli che escono non dai cassetti degli istituti demoscopici, ma dalle urne. In particolare le urne delle elezioni politiche. Lei dalle urne dell'Assia ha visto emergere un messaggio inequivocabile, ed ha annunciato che lascerà la politica. Forse Angela Merkel ha preferito uscire di scena senza nemmeno un socialdemocratico (tantomeno un liberale, o un verde e neppure uno della destra estrema) che possa appenderne lo scalpo nel salotto di casa. Sarebbe stata una fine ingloriosa per la più longeva cancelliera della storia di Germania, la prima donna a ricoprire l’incarico.
Avanti piano, senza scossoni
Mossa attesa, l’annuncio della Merkel di voler lasciare a tappe la politica (prima la presidenza della Cdu, poi la cancelleria). Ma anche mossa a sorpresa, e non solo per l’inedito percorso graduale. Le dimissioni erano così apertamente annunciate da tempo che in fondo nessuno credeva davvero potessero saltar fuori oggi, anche se la sconfitta in Assia brucia come poche. Ancora quando la sua auto blindata entrava nel garage sotterraneo della Adenauerhaus, la sede del partito, nessuno o quasi era a conoscenza degli sviluppi immediatamente successivi.
La lezione del rivale Schroeder
Perché una donna intelligente e potente (la più potente in Europa dai tempi di Margaret Thatcher) decide di lasciare in questo modo? Thatcher fu vittima di una congiura di palazzo, lei sembra piuttosto aver preso ispirazione dall’antico rivale e predecessore, Gerhard Schroeder. Uno vicino al blairismo, che in Germania si chiamava Neue Mitte e che lui cercò di tradurre nella “Agenda 2010”. Si trattava di un lungo documento votato al centrismo che finì per essere indicato come la causa delle sconfitte dell’epoca per la Spd.
Messo in minoranza all’interno del partito sull’Agenda 2010, Schroeder finì di lì a poco anche la sua esperienza da cancelliere, perdendo anche il ruolo di padre nobile che i socialdemocratci avevano riversato ai suoi predecessori Schmidt e Brandt. Una dura lezione che Angela Merkel ha tenuto bene a mente.
Ma lei resta cancelliera
Le sue dimissioni a tappe non sono, quindi, un goffo tentativo di lasciare solo un po’ alla volta un ruolo centrale al quale ha dedicato tutta la vita. Merkel si propone di raggiungere due obiettivi, legati intrinsecamente l’uno all’altro. Il primo quello di gestire la sua stessa successione: il sogno di ogni leader politico. L’altro quello di mantenere in vita, oltre i tempi del suo ritiro, la sua eredità politica, che è quella di un esponente di centro che guarda al centro, ed è preoccupato dalla destra.
La questione dei migranti
Quello che per Schroeder fu l’Agenda 2010, per Merkel potrebbe essere stata la questione dei migranti, con la sua decisione di accogliere centinaia di migliaia di siriani. La vulgata afferma che sia questo il motivo per cui in Germania oggi Alternative fuer Deutschland veleggia sull’11 percento. Spiegazione autoconsolatoria per chi ha spinto il baricentro della politica tedesca verso la sua metà conservatrice. In realtà la Csu, partito fratello bavarese che più di ogni altro ha sposato una linea di intransigenza con i migranti, vive esattamente lo stesso tipo di crisi, e lo stesso tipo di crollo elettorale.
Leader dell’Occidente
Il ruolo che Merkel negli ultimi tempi si è trovata a svolgere è quello che le riconobbe mesi addietro il New Yok Times, vale a dire di riluttante paladina del liberalismo ed altrettanto riluttante leader dell’Occidente. Nessuno come lei ha litigato con Vladimir Putin, nessuno come lei ha discusso con Trump (che, nella lettura della stampa liberal americana, non è un leader dell’Occidente ma solo di una parte – maggioritaria – degli Stati Uniti).
Così facendo, Merkel ha dato magari inconsapevolmente alla Germania una centralità in Europa e fuori dall’Europa mai conosciuta in tempi recenti. Una forza tranquilla, stabile, solo sfiorata da una destra che adesso ha un suo zoccolo duro elettorale, ma non pare pronta a sfondare al centro.
Mani libere, politica forte
Una particolare eredità per la donna che Kohl chiamava, non senza paternalismo, “la nostra ragazza”. E che adesso, mantenendo la cancelleria fino alla fine della legislatura e senza più il peso del partito, avrà ancor di più le mani libere per realizzare l’ultima parte del suo programma politico. Non è da escludere che se ne vedranno delle belle.