Ci sono state perfino manifestazioni di piazza per chiederlo ma finora l'ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit era sempre stata bollata come una fantasia dei sostenitori del 'Remain' che non intendevano rassegnarsi. Ora che a proporlo è il numero due dei laburisti, Tom Watson, tale scenario è diventato, improvvisamente, molto concreto. Con le dimissioni dei due ministri fautori della 'Hard Brexit - David Davis, responsabile dei negoziati per il divorzio dalla Ue (negli ultimi tempi sempre più emarginato per i rapporti non proprio idilliaci con il suo interlocutore comunitario, Michel Barnier), e il ministro degli Esteri Boris Johnson - la premier Theresa May non sembra più avere una maggioranza parlamentare in grado di approvare la proposta per una 'Soft Brexit' delineata durante l'ultimo fatale consiglio di gabinetto, ovvero quella che prevede l'istituzione di un'area di libero scambio con la Ue. Una proposta che i 'tories' più duri rifiutano con coerenza, dal momento che tradirebbe di fatto l'obiettivo di una cesura netta da Bruxelles.
Theresa è appesa a un filo
Per sostituire i voti della pattuglia di deputati conservatori fedeli a Johnson, l'unica soluzione sarebbe il sostegno dei laburisti, giacché i liberali (ridotti a una sparuta pattuglia) si erano battuti in maniera strenua per il 'Remain'. Il guaio è che lo stesso leader del Labour, Jeremy Corbyn, è sempre stato ambiguo sulla sua posizione in merito, talmente ambiguo che in molti ritengono abbia guardato al campo del 'Leave' con tiepida approvazione. Ed è questa una delle ragioni per cui parte del suo partito e dell'opinione pubblica di orientamento 'liberal' (lo stesso Guardian non è mai stato tenero con lui) gli sono ostili.
Anche i laburisti sono divisi
Corbyn ha sempre spinto per tornare alle urne, con la speranza di vincere le elezioni e sedersi al tavolo con Bruxelles. Il leader laburista si è detto più volte convinto di poter spuntare un accordo migliore di quello stretto da May. Se diventasse primo ministro, potrebbe però essere costretto anch'egli ad affrontare una ribellione interna, quella di chi il divorzio dalla Ue vuole scongiurarlo a ogni costo o lo vuole il più morbido possibile. Non è infatti impossibile che parte dei suoi parlamentari sia disposta a votare la 'Soft Brexit' della May, magari emendata, anche solo per evitare lo scenario di instabilità che nuove elezioni creerebbero inevitabilmente. In entrambi i casi, Corbyn dovrebbe una volta per tutte a chiarire da che parte stia.
"Non siamo sicuri che Theresa May ora guidi una maggioranza alla Camera dei Comuni", ha dichiarato Watson alla Bbc con una cautela che pare più che altro cortesia istituzionale, "è ragionevole ritenere che non ci sia una maggioranza per nessun accordo". Bloomberg scrive che i 'tories' ribelli pronti a votare contro la 'Soft Brexit' di May sono almeno una ventina ma è probabile che siano di più. In realtà ne bastano molti meno per far saltare tutto, dato che il governo May è già di per sé appeso ai 10 voti degli unionisti irlandesi. Di fronte a questo quadro, ragiona Watson, un nuovo referendum sarebbe l'unico modo per superare lo stallo. Non che l'unico modo per non far esplodere le contraddizioni che agitano lo stesso Labour. Sempre che stavolta vinca il 'Remain'.