Il presidente americano Donald Trump merita un ministro della difesa che sia più allineato alle sue posizioni. E' quanto si legge nella lettera di dimissioni del capo del Pentagono, il generale pluridecorato Jim Mattis, che a sorpresa abbandona l'amministrazione.
Una lettera anticipata dall'annuncio, ovviamente via Twitter, fatto dal presidente Trump che non faceva però riferimento a dissapori.
General Jim Mattis will be retiring, with distinction, at the end of February, after having served my Administration as Secretary of Defense for the past two years. During Jim’s tenure, tremendous progress has been made, especially with respect to the purchase of new fighting....
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 20 dicembre 2018
Un gesto inevitabile, quello di Mattis, in opposizione alla decisione del presidente di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria e di ridurre la presenza in Afganistan. Mossa giudicata da molti un errore strategico.
Il ritiro Usa dalla Siria
Il generale Mattis aveva tentato fino al pomeriggio di ieri, senza successo, di convincere il presidente a cambiare idea e a lasciare in Siria i militari americani impegnati nella lotta all'Isis che, secondo i vertici del Pentagono, non sarebbe affatto finita.
Quella del generale, che durante la sua straordinaria carriera militare era stato soprannominato "Mad Dog" ovvero cane pazzo, è l'ennesima defezione alla Casa Bianca. Mattis lascerà ufficialmente la sua carica il prossimo 28 febbraio dopo poco più di due anni alla Difesa.
Storia di 'Cane pazzo'
Sessantotto anni, era andato in pensione dalla Marina Militare nel 2013 dopo 41 anni di carriera durante la quale era stato a capo delle operazioni statunitensi in Kuwait, in Afghanistan e in Iraq.
Il presidente perde così uno dei membri più autorevoli della sua amministrazione, stimato ed apprezzato sia in patria che all'estero.
Il nuovo ministro, che secondo Trump sarà annunciato presto, troverà sulla sua scrivania non poche questioni in sospeso. Ci sarà da lavorare non solo al fronte siriano e afgano, ma anche alle relazioni con il leader nordcoreano Kim Jong-un, con l'Iran, con la Cina e con la Russia.
Way/Ney/Tig