Quello che sta accadendo in questi mesi era facilmente intuibile già tempo fa: Cambridge Analytica, le audizioni al Congresso americano e all’Europarlamento, la fuga dal social più diffuso nel mondo, persino il caso dei dati rubati a milioni di utenti. Lei aveva capito tutto, quando era ancora un ufficiale delle forze armate degli Stati Uniti. Oggi Chelsea Manning – una condanna, una grazia ed un cambiamento di sesso dopo – spiega il perché. Si tratta di rendersi conto del “potere di Facebook nel tracciare il profilo e prendere di mira” il singolo, o il gruppo di persone.
Basta poco
In una lunga intervista al quotidiano britannico The Guardian Manning, oggi una donna di nemmeno trent’anni che ha conosciuto un’umiliante detenzione preventiva, una condanna a 35 anni per reati contro la sicurezza del suo paese e la grazia concessale da Barack Obama al momento di lasciare la Casa Bianca, in qualche modo rivela l’altra natura dei social. “Fare marketing o inviare un drone killer è lo stesso tipo di matematica”, afferma. Così come non c’è mai una netta differenza tra il complesso militare e il settore privato: “Non ci vuole molto a piegare Facebook a questo tipo di ragionamento. Non c’è bisogno di cambiare il programma, basta modificare lo scopo del perché si possiede il sistema”.
Una cosa Chelsea non la dice
Pur tra a qualche reticenza, dovuta ad accordi in sede di tribunale, alla riclassificazione di certi documenti e alla sua personale ritrosia, Manning è illuminante. Sia quando racconta di aver deciso di rivolgersi ad Assange perché era stato “impossibile raggiungere la Washington Post”; sia quando – racconta l’intervistatrice – “non può o non vuole riflettere su cosa sia divenuta quella organizzazione, come sia cambiata nel corso del tempo e su quale ruolo abbia svolto nell’introdurre l’idea di far circolare fughe di notizie come se fossero armi, che ci ha portato al punto in cui siamo con l’inchiesta di Mueller sulle collusioni tra Trump e la Russia”. Un’inchiesta, aggiunge il giornale britannico “comprende anche il ruolo cruciale svolto da Wikileaks nelle elezioni americane”.
“Assumiamoci le nostre responsabilità”
Questo però non vuol dire che il metodo sia in sé sbagliato, anche se la parola “wnistleblower” non la entusiasma. Forse è un po’ elitaria. Resta però il fatto che c’è bisogno di una azione.
Si tratta infatti di “far diradare la nebbia della guerra”, una “guerra asimmetrica” che la Russia o altri stanno muovendo all’Occidente. Ma soprattutto si tratta di dire “tutto questo deve cambiare”, e di farlo con un coraggio degno di Henry Thoreau.
In effetti “Manning crede che la tech community sarà in grado di riconoscere il proprio potere, le proprie responsabilità” e al tempo stesso “offre una visione che fa rabbrividire della direzione che abbiamo preso con l’intelligenza artificiale, con sistemi che sono già oltre il nostro controllo”.
Se il problema fosse solo Trump
Ad ogni modo “i problemi degli Stati Uniti sono molto più grandi della persona di Donald Trump”, perché quello che ha preso forma in decenni di costante rafforzamento “è un regime nazionalista autoritario” che l’attuale presidente ha solamente reso più visibile. E così “la risposta non arriverà solo dalle urne elettorali”, ma attraverso anche “azioni sullo stile di quelle messe in atto da Malcolm X, anche a dispetto del rispetto della legge”.