Il giorno dopo il voto americano c’è una ragazza che all’unanimità il mondo dichiara vincitrice. Si tratta della portoricana Alexandria Ocasio-Cortez che, battendo il veterano Repubblicano Joseph Crowley nel Quattordicesimo distretto congressuale di New York, entra, forte dei suoi 29 anni, nella storia degli Stati Uniti come la più giovane donna mai eletta al Congresso. Oggi tutti ne parlano come un astro nascente del Partito Democratico e sono in molti ad attribuire il merito di questa vittoria all’iconografia con la quale la Ocasio si è proposta all’elettorato; soprattutto per quanto riguarda i manifesti.
Sulla scia di House of Cards
Ne parla nel dettaglio un articolo del Washington Post: “il suo stile visivo ed energico esce dai confini sicuri e stantii del design tipico da campagna politica. I poster della campagna di Ocasio-Cortez sembrerebbero altrettanto promettenti per la promozione di una nuova serie Netflix”.
Il paragone non è casuale dato che le elezioni si sono tenute giusto qualche giorno dopo l’uscita della nuova stagione di House Of Cards. Il popolo americano adora la comunicazione politica e ne è fortemente attratto, ammaestrato come è stato da decenni di televisione che ne ha affinato la sensibilità.
Verso un futuro promettente
La Ocasio, che si è servita del lavoro della designer newyorkese Maria Arenas del celebre studio Tandem di New York, ha certamente stravinto la sua battaglia in anticipo proponendo una cartellonistica del tutto diversa da quella incravattata degli avversari. Intanto la foto, scattata da Jesse Korman, artista, regista, scrittore e cantante rock (anche da questo non insignificante particolare si capisce il taglio che aveva intenzione di dare la Ocasio alla campagna), in cui la candidata non guarda in camera ma lontano, quindi verso il futuro, e in alto, quindi verso un futuro roseo.
Un gesto plateale
Poi il nome, stilizzato, che fa di lei quasi un personaggio più che una persona, quasi un supereroe. La grafica è certamente vintage e in molti ci hanno riconosciuto il tocco artistico della Rosie the Riveter nel poster "We Can Do It", la donna, per intenderci, che con il gesto che ricorda l’italiano gesto dell’ombrello ha mandato in orbita il progressismo femminile, ma soprattutto di sinistra, negli anni ’30 e ’40 e ancora oggi rappresenta un’icona fondamentale di lotta.
Giallo in stile Pop-Art
Lo cita? No. Semplicemente lo evoca. Questa si chiama comunicazione. Il messaggio è chiaro: sono una donna e sono di sinistra. Maria Arenas poi propone alla sua cliente una scritta obliqua e la presenza di un punto esclamativo, che riportano immediatamente alla Pop-Art, ai classici della cartellonistica vintage WPA; a qualcosa di urlato, trasformando il nome della candidata in un grido di battaglia.
Poi i colori: la Ocasio manda in cantina i classici rosso, bianco e blu della bandiera, vero noiosissimo leitmotive visivo di ogni singola campagna, ed opta per un giallo originale che, tra l’altro, mette in evidenza la sua meravigliosa pelle scura. In molti hanno paragonato le scelte della Ocasio e del suo staff a quelle di Obama, che per molti (ma anche a suo stesso parere) fu aiutato non poco da “Hope”, l’opera dedicatogli da Shepard Fairey, durante la campagna presidenziale del 2008.
Quel che è certo è che per l’ennesima volta la comunicazione non verbale si dimostra decisiva in campagna elettorale. Il contenitore arriva prima del contenuto. Inutile avere ottime idee, in politica come in tanti altri campi della società, se non si è poi capaci di venderle.